Dietro ogni scemo c'è un villaggio

I manicomi non esistono più, la legge 180 (detta "Basaglia") ne ha decretato la chiusura. Invece i manicomi criminali esistono ancora: oggi si chiamano "Ospedali Psichiatrici Giudiziari" (OPG). Uniscono infatti due realtà tra le più terribili: carcere e manicomio.  Furono creati sotto il gran criminale Mussolini e, come allora, sono rivolti a persone "incurabili", "pericolose" e perciò destinate a essere solo e soltanto recluse; in gabbia. Ma quanti e dove sono gli Opg? Sono sei e si trovano a Castiglione delle Stiviere (Mn), Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Napoli (all'interno del carcere di Secondigliano), Aversa (Ce),  Barcellona  Pozzo di Gotto (Me). E quanti sono i ristretti in queste strutture? Più di 1200, quasi tutti maschi, italiani. I loro delitti sono stati giudicati  commessi per infermità mentale, quindi non sono punibili e la condanna diventa una misura di sicurezza; a seconda del reato  e del parere del giudice  può durare  2, 5 o 10 anni, al termine dei quali sarà ancora il giudice a esprimersi sul loro caso e la loro condizione futura. Per le detenzioni di questo tipo si parla così di “ergastoli bianchi”, perché alcuni detenuti, di cinque anni in cinque anni dentro questi “ospedali” finiscono per passarci la vita. Con la recente riforma della medicina penitenziaria, gli Opg sono ora di esclusiva competenza sanitaria, delle Asl, quindi delle Regioni. Dovrebbero essere distribuiti in piccole strutture medicalizzate, con sorveglianza e sicurezza solo esterna, mentre accanto ai malati internati dovrebbero esserci medici, infermieri e attività di recupero. Ma tutto ciò al momento rimane solo sulla carta. Restano il degrado, l'abbandono, la sporcizia, il rischio di epidemie, la promiscuità  nell’uso dei servizi igienici, il sovraffollamento  e i letti di contenzione, veri strumenti di tortura. Lo testimoniano alcuni parlamentari ed esponenti di associazioni che non dimenticano questo mondo a parte, ancora più oscuro e inquietante del carcere.  In Opg  tra i rinchiusi c'è chi ha ucciso  un familiare e chi ha tirato uno schiaffo a un carabiniere, c'è chi è stato prosciolto e chi è ancora in attesa di giudizio. Lì non c'è cura né terapia ma detenzione. E sicurezza. Perché queste persone sono per lo più scomode per famiglie e istituzioni e parcheggiate (!) in veri lager. Come ha scritto Alessandro Margara sul manifesto: "non sarebbe l'ora di chiudere la ditta Opg per indiscutibile fallimento?"           

 " La verità è sempre quella,
la cattiveria degli uomini 
           che ti abbassa              
e ti costruisce un santuario di odio 
dietro la porta socchiusa. "

 Alda Merini

El portava i scarp del tennis

Milano, viale Papiniano: nello spartitraffico-parcheggio di fronte al supermercato alcune persone hanno ricavato il proprio alloggio. Nelle strutture pubbliche e private ci sono pochi posti e non ce ne sono proprio per chi beve o ha paura di essere derubato o rimpatriato in quanto clandestino. I posti letto messi a disposizione dall’Amministrazione comunale, a detta della stessa, sono in tutto circa 1400, distribuiti tra la Casa dell’Accoglienza di viale Ortles, le strutture in via Saponaro e allo Scalo Romana. Ma ce ne vorrebbe almeno il quadruplo, tanti sono i senza fissa dimora in questa puttana senza cuore di città. Pronta a vendersi a mafiosi, pubblicitari, stilisti e modaioli, ma priva di senso, avara di solidarietà. Ricca di eufemismi, come i giornali, che preferiscono la parola "clochard": ma i "barboni", come gli "handicappati", non abbisognano di parole. Servono fatti. E pensare che non siamo ai livelli degli Stati Uniti, dove i dati ufficiali dicono che ogni anno circa l’1% della popolazione, cioè 3 milioni e mezzo di persone, è costretta a vivere più o meno a lungo per strada. Qui a Milano però il Comune non ha alcun interesse ad adibire, per esempio, le proprie scuole abbandonate a ricoveri, dotandole magari di brandine e volontari. Né ha interesse a informare i clandestini che possono non correre il rischio di morire per strada in queste notti gelide. Un milione di euro stanziati dall'amministrazione comunale. Ma già qualcuno è morto, e quelli a venire forse è meglio che non facciano notizia, dopo le polemiche dell'anno scorso: siamo nella città dell'Expù, suvvia...

                                              "L'hann trovàa sotta a on mucc' de carton
                                                g'ahnn guardàa, el pareva nissun
                                                 g'hann tocaa el pareva ch'el dormiva
                                                  lassa stà che l'è roba de barbon"      
                                                                                                (Enzo Jannacci)

Tangenziale Craxi

Oggi è l'anniversario della nascita di Paolo Borsellino, risalente al 1940. Se si scrive il suo nome nel sito "Tuttocittà", indicando come città Milano, la maschera di ricerca richiede di selezionare l'indirizzo corretto, mentre ricorda le vie a lui intitolate nell'hinterland milanese: a Opera, Vimodrone e Novate Milanese (in quest'ultima la dedica comprende anche l'amico Giovanni Falcone). Milano Gomorra! Se la memoria che passa dal dedicare strade ed edifici ai nemici della mafia rode ai mafiosi stessi, vale anche l'inverso: intitolare vie e piazze ai grandi criminali ha un forte valore di approvazione per i maxidelinquenti ancora in vita. B. pianse come un lattante ai funerali di Craxi. Era immedesimazione: il grande criminale di Arcore non vorrebbe certo, per via di condanne a decine di anni di reclusione, dover riparare all'estero, come invece poco tempo fa gli ha suggerito - provocatoriamente - De Magistris. Queste riabilitazioni sono simboliche e, come tali, potenti. Il tempo passa, parce sepulto, oggi definito vittima del sistema da, guarda caso, un amico degli amici, dal ghigno crudele e foriero di sventure (altrui), quel Renato Schifani che il vulcanico Salvatore Borsellino non vuole più vedere alle commemorazioni in via D'Amelio.
Il sito del Tuttocittà è un po' più intelligente della Moratti: se si scrive come città "Milano" e nel riquadro della via "Craxi", lui subito corregge indicando via Lorenzo di Credi, pittore rinascimentale, non un politico corrotto - capace di far più che raddoppiare il debito pubblico.

«Ricordo l'incontro con la vedova di Pio La Torre, guardinga. Mi spiegò che eravamo vittime non di "segreti di Stato", ma di "delitti di Stato"»                                                                            Rosaria Schifani