Milano cuor di ghiaccio

Un tram vuoto ma interamente ricoperto di piccole luci gira per la città a reclamizzare automobili.  Mentre dirige al deposito di Baggio, passa in centro vicino a individui come quello ripreso sopra, chiuso in un sacco a pelo  sotto i portici davanti alla Borsa.
Sono moltissimi i senza fissa dimora a Milano, probabilmente sono in aumento. Ecco infatti che una risposta del comune è di varare una banca dati dei clochard: certo, molto utile, m'immagino poi con che gioia chi vive in strada si presti a farsi schedare. Anche se questo è l'ultimo inverno con la Moioli assessore ai servizi sociali (e alle povere scuole), il problema di chi non ha nulla resta grave e irrisolto. Nei giorni scorsi ha fatto sensazione la notizia di un neonato morto per il freddo a Bologna. S'è parlato di aiuti offerti e non accettati dalla famiglia del gemellino. Ma non è semplice capire... E' vero che molti che sopravvivono faticano ad accettare sostegno: se sono stranieri senza documenti temono l'espulsione, altrimenti c'è una naturale ritrosia, comprensibile, dopo essere stati gettati ai margini del vivere associato.
Le politiche sociali latitano, i "barboni" non sono più quelli del vecchio stereotipo che li voleva quasi poetici, incalliti (con buona pace delle coscienze) ma sono nuovi poveri; se nel Maghreb la gente sta morendo, addirittura fucilata mentre protesta per il pane, anche nel nostro paese aumenta la miseria, la mancanza di risorse, di reti, di case abbordabili; mancano risposte istituzionali. Un terzo delle famiglie italiane non potrebbe affrontare una spesa imprevista di 750 euro, dice l'Istat.
Accanto alla latitanza di politiche nazionali, si scontano le risposte insufficienti dei comuni. Bologna è commissariata e si dice che la famiglia del piccolo assiderato in piazza Maggiore abbia rifutato un alloggio nel timore di perderne la potestà (come poi è accaduto in seguito). Spesso - e qui penso a Milano - le offerte di sistemazioni per chi è senza dimora sono limitate, provvisorie, inadeguate: mancano soprattutto risposte efficaci, volte a risolvere  i problemi strutturalmente; non ci sono prese in carico dei servizi sociali,  assegnazioni di case popolari per emergenza, aiuti come le borse lavoro, per chi è stato gettato in strada da una città attenta solo al profitto. Mi stupisce poi la Moioli che millanta 1500 posti letto disponibili a Milano:  fatico a crederlo, visto che il solo dormitorio di viale Ortles avrebbe una capienza di 600 posti e il privato sociale, tra casermoni tende e tendoni, forse non potrebbe superare tale cifra, ma il fabbisogno di posti letto è molto più alto! Se l'anno scorso le stime parlavano di quasi 5000 posti necessari, si può ipotizzare una cifra analoga, se non superiore per questo inverno. 
La soluzione migliore nell'emergenza, ventilata da più parti, è quella di aprire i sottopassi delle metropolitane a chi non ha dove dormire, fornendo un'assistenza di base (riscaldamento, generi di conforto, coperte e indumenti), come si faceva anni fa. In questo modo, anche chi fosse più restio a chiedere un posto letto, avrebbe dove trascorrere la notte senza il rischio di assiderare in ripari di fortuna. Non ci vuole molto, ma a Milano il buon senso è un lusso. Mariolina Moioli ha ben tre addetti stampa. L'immagine innanzitutto. Poi l'inverno finirà e anche questo ennesimo zoppicante piano antifreddo.
Il tram illuminato corre a dormire, vuoto e inutile come le politiche sociali comunali: lustrini sì, fatti no. Magra consolazione: l'assessore Moioli preparerà presto le valigie, tra pochi mesi dovrà tornarsene nella bergamasca...

Servizi segreti assassini

Quella nel titolo non è una novità. D'Alema, poco tempo fa, ha auspicato di aprire gli archivi dei servizi ma, probabilmente, lo ha dichiarato per farsi bello
Sono sconcertato dalla sicurezza del pm  - poveretta, in molte agenzie neanche le riconoscono il sesso giusto, indicandola come maschio - del processo Cesaroni.
So che la foto di Simonetta morta è terribile, ma è una prova fondamentale e dimostra che la vita di ognuno di noi, la vita di una persona qualunque, non vale un centesimo di fronte agli intrighi dei potenti; né ha valore ottenere giustizia o, peggio, evitare che paghino degli innocenti, come l'ex fidanzato di Simonetta Cesaroni. Troppo facile accanirsi su un corpo, forse già privo di vita, per simulare un delitto passionale. Infatti, com'è possibile che dopo 29 coltellate il cadavere fosse privo di sangue? Lo hanno lavato. Certo, come no... Questa tesi mi ricorda le scarpe di Tenco, che furono fatte sparire perché sporche di sabbia (il cantautore fu infatti ucciso in spiaggia, dove s'era appartato pensieroso) e le gambe infilate sotto un mobile per non mostrarne i piedi scalzi.
Su questo delitto ci sono molte ombre ma anche ricostruzioni, librarie, televisive e sulla rete. Oltre a Wikipedia, esiste un sito ildelittodiviapoma.org , aperto sulla vicenda da Gabriella Carlizzi,  giornalista e supertestiomene del delitto, in quanto quel giorno accompagnò il marito a  una riunione di lavoro presso uno studio situato in una delle palazzine dello stabile di via Poma 2. La Carlizzi è deceduta l'anno scorso per cancro: aveva indagato sulla vicenda tanto da chiedere di essere nuovamente interrogata dalla pm Calò, ma invano. E quello sciacallo di Mentana, annusato lo scoop, non esitò a indicare l'ex fidanzato della vittima come indiziato principale nella nuova inchiesta, perché la vecchia, condotta dal procuratore Italo Ormanni e dall’ex Sostituto Settembrino Nebbioso era arrivata vicina al vero, a persone in alto e quindi era da fermare. Secondo la  Carlizzi si fermò con la perquisizione della Bnl a Roma. Nuova inchiesta dunque, prove emerse dopo decenni: mi viene in mente la riesumazione di qualche tempo fa del corpo di Tenco, per sentenziare, dopo 40 anni, che sì, si era suicidato. Il che è assolutamente falso, Tenco fu eliminato perché aveva scoperto cose che riguardavano i servizi segreti, la Dc e oscure operazioni in Argentina.
Il delitto di via Poma si porta dietro una scia di morti: una ventenne  trucidata post-mortem, il teste chiave dell'inchiesta Vanacore (custode della palazzina, annegato in pochi centimetri d'acqua), persino l'editore del libro-truffa sulla vicenda, scritto dal datore di lavoro di Simonetta, (Volponi, un nome un destino),  assassinato. E poi sono venuti il pascersi delle iene televisive senza la volontà di appurare un fico secco ma, maxime, l'impunità per gli uomini dei servizi segreti. (Be', uomini, non esageriamo, quelli tutt'al più sono pezzi di sterco che camminano...). E tutto, forse, per uno stramaledettissimo floppy disk.
Simonetta Cesaroni aveva scoperto qualcosa di grosso: all'epoca si parlò - penso soprattutto a quanto riferiva il quotidiano "il manifesto" - del ruolo dell'associazione degli ostelli, l'Aiag, presso cui la ragazza lavorava part-time e negli uffici della quale fu eliminata. Si trattava forse del tentativo del Sismi di reperire potenziali spie da infiltrare nei paesi arabi, attraverso il contatto di ospiti degli ostelli, provenienti proprio da quelle nazioni. Quel che è certo è che l'ufficio di via Poma era sotto copertura dei servizi segreti. Tanto è vero che l'azienda negli uffici della quale è stata spenta Simonetta non aveva indicato sul citofono "Aiag" ma "Edilmark", una società le cui partecipate fuorono seuqestrate dai Ros dei CC in quanto create per  riciclaggio immobiliare di denaro ottenuto con peculato.
Gabriella Pasquali Carlizzi aveva capito molte cose sull'inconsistenza dell'ipotesi accusatoria:  "L’ex fidanzato della vittima non ha mai negato di averla incontrata il giorno prima del delitto e viene naturale pensare che i due, seppure in crisi, si siano scambiati qualche effusione. Come è anche vero che le ragazze che all’epoca portavano il corpetto o reggiseno, non se lo cambiavano ogni giorno, a differenza delle mutandine, indumento più legato all’igiene intima".
Gabriella Carlizzi fece verbalizzare all'allora poliziotto Nicola Calipari "...di aver sentito una lite tra un uomo, la cui voce mi rimase impressa, e una donna. L’uomo chiedeva con insistenza un qualcosa che la donna non voleva dargli, sostenendo che rischiava di perdere il posto di lavoro, dunque un qualcosa che riguardava il suo lavoro. Ricordo che la lite cessò improvvisamente, ma non sentii alcun grido di aiuto, come di chi sta per essere uccisa da qualcuno armato. E ricordo anche i tre uomini che vidi entrare nello stabile poco dopo, vestiti di tutto punto, che cercavano il portiere per ritirare presso di lui qualcosa. Descrissi in particolare uno dei tre uomini, e Calipari mi disse di tenermi pronta per fare un identikit" Ma non fu mai più sentita, nemmeno quando riconobbe uno dei tre uomini, molto probabilmente appartenenti ai servizi segreti.
"Penso che Simonetta Cesaroni in via Poma stesse svolgendo al computer un lavoro di “Affari Riservati” e che la relativa documentazione dovesse interessare apparati deviati dei Servizi, per finalità altrettanto deviate. Nella ipotesi che la lite che io sentii corrispondesse veramente ad una lite tra Simonetta ed un signor X, penso che il delitto passionale sia stato simulato a seguito della morte accidentale della ragazza. Ricordo una perizia del primo medico legale che affermava che la ragazza morì per un colpo alla testa ed emorragia interna" (Corsivi tratti da ildelittodiviapoma.org)
Simonetta lavorava su un computer che era ancora acceso quando fu trovata ormai priva di vita.  Ma dov'è finito?  Perché non fu controllato e addirittura rimase acceso fino alla notte dopo il delitto, come riferì il capo della Mobile, Cavaliere?
Non pretendo di fare il Lucarelli de' noantri, né che la pm Calò s'imbatta in Scacchiatore e rimanga folgorata dalla verità. Ma, mi chiedo, possibile che tutte queste coincidenze non scagionino un uomo che, dopo vent'anni, ha patito e rischia infine di essere condannato perché era il fidanzatino della vittima? Mi annienta leggere il dolore della moglie di Busco, vittima a sua volta. Busco è innocente e quel vanaglorioso di D'Alema potrebbe scagionarlo. Ma non lo farà, D'Alema è talmente crudele che può far uccidere migliaia di persone e rispondere, col suo ghigno da essere senz'anima, con una delle sue frasette del menga da quasi laureato: quindi, che gliene importa a D'Alema, il distruttore della patria, della vita di una persona?