Professione: disperato

Réclame del mercatino dell'usato di Baggio, in via Seguro
Quante categorie di lavoratori sono contro il governo e con toni  drammatici. Mentre il Monti ("il" per par condicio alla Fornero) vede l'uscita dalla crisi, la sensazione è che nel tunnel ci sia stata pure una frana, quindi vai a sapere se e quando se ne esce.
Continua il paradosso schizofrenico per cui la macchina è più importante di chi la guida: i soldi, che dovrebbero essere uno strumento, sono invece più importanti delle persone. Banalissimo affermarlo, quanto dire che il Monti è un massone, figlio di un banchiere e ciò che lo distingue dal predecessore è solo una flemma insopportabile. Con cui accompagna le sue frasi da sepolcro imbiancato, tipo: niente blocchi delle strade, ma garantito il diritto di sciopero. Il non detto è: niente equità, ma garantito il diritto degli speculatori, i sacrifici umani sull'altare del capitalismo e la devozione più completa alle radici bancarie dell'Europa. Non è da cialtroni fare il boss del gotha degli economisti, la Bocconi, e poi aumentare benzina e sigarette? E l'Ici del Vaticano dov'è finita? Ma quale sviluppo, ma quale salva-Italia, questo qua è un truffatore matricolato. Tecnico vorrebbe dire "esperto"; il Monti lo è a prendere grandi stipendi immeritati. La dittatura del mercato non voleva elezioni e così è stato. 
Immagino il destino della riforma delle professioni, che sarà a sua volta all'insegna dell'iniquità, visto che non si può comprar casa senza un fottuto notaio o un farmaco con ricetta in una parafarmacia. Aumentare il tirocinio in università non significa far crescere negli studenti l'esperienza del mondo reale lavorativo ma tenerli in parcheggio. Ma sono poi liberalizzati i prezzi di servizi bancari, assicurativi e energetici?  Balle. Come i sacrifici per tutti.
Sarà dura arrivare fino al 2013, quando il Monti tornerà a fare il parroco della Bocconi. Chissà quante manovre verranno varate. Chissà quanti perderanno l'equilibrio, le sicurezze, se non la vita. Il titolo di questo post sembrerà la solita iperbole: non lo è, a guardare gli annunci di chi cerca lavoro definendosi, sempre di più, "disperato"...

Perché non sono anarchico

Post di ringraziamento per le 10.000 visite al blog.
Non sono anarchico perché trovo irrespirabili i luoghi sedicenti libertari a Milano (il circolo che non sta alla Ghisolfa, la libreria senza utopia, il circolo degli infami col panzone in Torricelli, la modaiola e fighetta Torchiera).
Non sono anarchico perché mi riconosco in Edo, Sole e Silvano, ai tempi bollati dalla cariatide Franca Rame con la frase "altro che anarchici, sono ignoranti e sbandati”.
Non sono anarchico perché ogni tanto voto – anche se me ne pento regolare - e perché sono per il carcere, per potenti e mafiosi.
Non sono anarchico perché non c'è più bisogno di abbattere lo Stato, lo ha già fatto il Mercato.
Non sono anarchico perché in certi casi seguo le decisioni altrui anche senza accettarle, basta che si lotti per qualcosa. Di giusto.
Non sono anarchico perché qualche dogma ce l'ho: come non uccidere e rispettare i bambini.
Non sono anarchico perché non sono né un distruttore né un creatore.
Non sono anarchico perché non piango più sulle canzoni di Leo Ferré.
Non sono anarchico perché sulla non-violenza la penso come Malcolm X.
Non sono anarchico perché con tutte le assemblee (e i giochetti sotto) che mi sono sciroppato la sola parola assemblea mi dà l'orticaria.
Non sono anarchico perché non sono anarcocapitalista.
Non sono anarchico, ma che importanza ha?

Il paese dell'impunità

Questi numeri tragici indicano il punto dove ieri il Suv ha cominciato a trascinare il vigile urbano Nicolò Savarino. L'atmosfera davanti alla stazione della Bovisa stanotte era surreale. Le macchine dei vigili, tristi e incazzati, con le torce a terra come ceri di una veglia funebre, presidiavano tutte le strade dove si era consumato l'assassinio del collega che non ha esitato a fare quello che ha sentito di dover fare. In bici, al gelo, davanti a un Suv, inutilmente grande, come tutti i Suv. Non ci sarebbe bisogno di dire che il vigile Nicolò era in gamba; anche senza saperne la storia, ha dimostrato con la sua dedizione la sua schiena dritta. Ha difeso il torto subito da un cittadino nomade, senza avere paura. Come il suo collega, in bici disperatamente alla rincorsa della macchina infernale. La cronaca restituisce un ritratto esemplare di Savarino: uomo generoso, faceva volontariato per i disabili; sindacalista dell'Usb, lottava perché i vigili in bici fossero supportati da pattuglie in auto. Richiesta vana...
Mi chiedo se i colpevoli verranno presi. Soprattutto in casi come questo lo si deve fare. Pisapia e tutti quanti si esprimono in tal senso. Ce lo auguriamo in molti*, ma io spero che non finisca come a Roma, dove ormai si stanno perdendo tutte le speranze di arrestare gli uccisori della piccola bambina cinese e di suo papà. 
Siamo sempre più il paese dell'impunità e questo influenza i comportamenti abituali: i vigili urbani sono sempre più impotenti e negli articoli sulla notizia, accanto alle dichiarazioni dei ghisa, che vogliono prendere il bastardo assassino di via Varé, si legge il loro lamentare che la strada è diventata impossibile, a partire proprio da loro, i tutori del traffico. Si stava chiarendo da tempo, con le centinaia di aggressioni che i vigili subiscono ogni anno. Occorre una virata culturale e per questo ci vorrebbero amministratori capaci di grandi innovazioni. Ma mi fermo e devo, di fronte allo sterminato dolore del padre, dei fratelli, della fidanzata, dei colleghi di Nicolò Savarino. E di noi tutti che possiamo ricordarci, ancora una volta, di restare umani...

* Avevo scritto "tutti" ma nei giorni successivi al tragico evento ho sentito molte persone irridere la scelta di Nicolò. Se anche lui non si aspettava una reazione così - di solito chi guida certi "babbasoni" ha molti denari e poca voglia di rovinarsi l'esistenza, è ingiusto disprezzare chi ha pagato con la vita e sul lavoro, non dimentichiamolo. Ho stima per i vigili urbani e non riuscirò mai a chiamarli "poliziotti locali": sono figure sociali che, come dei netturbini, si ritrovano sovente a smaltire il peggio della città. Rispetto.

Don dané

Esempio di megalomania demenziale contemporanea
Da noi, quando muore qualcuno, immediatamente viene riabilitato nonostante un'esistenza non proprio adamantina. Ora Craxi ha in questo Famedio vergognoso un nuovo compagno: quel don Verzé che di don aveva solo il nome, come mostra la frase rivolta al prelato da monsignor Montini (futuro Paolo VI):  "Ma lei perché fa il prete?" - infatti qualche tempo dopo lo scomunicò. Verzé non era un sant'uomo e alla Curia ambrosiana questo era già chiaro dagli anni '60. Perché il padre padrino poi era venuto via dalla sua diocesi, quella veronese? Don Gigi, dopo le varie censure ecclesiastiche era instradato a essere sconsacrato. Ma... C'è sempre un "ma" in questo nostro paese bellissimo e istigato al suicidio.
Si suggerirà da certa parte che la magistratura, essendo comunista, sia per forza materialista, atea e anticlericale. Eppure tangenti, abusi edilizi, corruzione... e chissà quanto altro ancora emergerà, sono stati appannaggio di "un uomo di chiesa" nel senso più mafioso del termine.
Costruì un ospedale vicino a una discarica. Glielo lasciarono fare perché un altro abuso, quella Milano "2" rubata, fuor di metafora, all'agricoltura avrebbe così avuto ospedale (e persino metrò e università) confinanti. Il colosso che col monte Tabor non c'entra un tubo viene osannato come centro innovativo, di studi e insomma il tipico corredo del barlafuss. Come se sia giusto che, dismettendo lo Stato la ricerca, siano poi enti privati (con chissà quale etica epistemologica) a condurlo, guarda caso con finanziamenti pubblici(!) che magari giungono per vie traverse.
Sara De Santis su "Cronache laiche" ha scritto quanto mai bene su Verzé. Bene nel senso collettivo, per cui questo modello, osserva l'autrice, sarebbe da abbandonare. Si è già parlato persino di prostituzione pedofila e certo le Olgettine, con la comparsa della Minetti, chef entreneuse, gettano ombre da peggio magnaccia sulla figura del don.
Per un santo che si faceva calpestare, troppi hanno calpestato la santità come mercanti nel tempio. Qui non si tratta proprio di fede. E i soliti, malefici e satanici servizi segreti?
Ma in Italia si fa così, si prostituisce qualsiasi cosa pur di fare affaroni. Don Verzé e, per dire, Tabacci sono due facce della stessa medaglia: doppiogioco, corruzione e profitto elitario a scapito del collettivo. 
Non credo in dio e un po' mi dispiace: l'inferno sarebbe il posto ideale per demoni come Luigi Verzé.