e la strage continua

È banale dire che si debba pensare a case che resistano ai terremoti. Non lo è più dal momento che i nostri politici ci lasciano crepare, come al solito e non gliene fotte un beato di noi.
Non è più banale dirlo quando, parlando con uno straniero, ti senti spesso dire, come italiano, che il tuo paese è meraviglioso: la gente, il cibo, l'ambiente, l'arte e la storia... Allora però devi ammettere che il paese muore, cade a pezzi e sembra che gliene importi solo ai giornalisti, sì, ai giornalisti, perché li vedi, li leggi, li senti quando sono lì, diventano i nostri occhi e i loro sono agghiacciati. Che incrociano quelli dei soccorritori, le cui voci sono profonde. Sotto terra. Un po' come i nostri uomini di mare quando raccolgono i vivi e si offuscano pensando agli altri, i morti.
Non ci danno i pannelli solari? Ci diano tutto il possibile per non morire a casa nostra. Ci vuole poco, che aspettano? Ristrutturare darebbe un sacco di posti di lavoro. Ma no, le mafie guadagnano dai grandi appalti, che crolli tutto, che poi ci sono quei rompiscatole della Soprintendenza, no no meglio i lavori stradali. È banale, è banale dirlo. Non lo è più, se la strage continua.

strafottenza urbana

Mi ha sempre sorpreso la strafottenza tutta urbana che hanno i malavitosi. Nel tempo ne ho "gustate" di ogni e mi sono visto puntare una pistola o una bottiglia rotta al collo, ma la violenza dell'impunità che quegli individui ostentano è senza pari. 
Stanotte ho incrociato dei tizi, probabilmente spacciatori di coca, che parlavano allegramente di soldi e di dosi. Tipo... 1000. Erano talmente infervorati per via di qualche somma mancante che non si curavano di essere ascoltati. Tranne quando mi è scappato di tossire. Lo ammetto, avevo lo sguardo basso. Mi ha sempre fatto sorridere Charles Bronson. E anche Chuck Norris.
Come niente fosse, c'è chi parla talmente ad alta voce  di qualcuno che non ha pagato, ridendo, guardandosi in giro perché le lezioni che vengono impartite sono letali. Il tutto non può che accadere vicino a un bingo, e dove se no.
Faccio queste foto banali pensando di metterle nel retrobottega. Poi però mi tocca fare i cacchi miei, il sugo della vita, alla  Manzoni.
Non mi sento fiero e nemmeno posso sognare un mondo perfetto. Ma se incrocio un boss della 'ndrangheta al semaforo, lui mi squadra dal suo Cayenne, coi suoi occhi che hanno il buio tetro di chi è pronto a uccidere, io dal basso della mia utilitaria fingo di aspettare il verde. O no? Io ho fatto così. E certo, non me ne sento fiero.

pubblicità senza bambini

Sembra che i pubblicitari, nella corsa disperata ad accalappiare attenzione, ultimamente abusino parecchio dei bambini. I piccoli non sono più parte di improbabili famiglie felici tra mulini e mutui, ma sono lasciati soli a comprare telefonini, auto e case. Certamente la pubblicità per i bimbi è un problema irrisolto (paesi come Canada e Svezia la vietano) ma usare i piccoli per catturarci cervello e tenerezza a puri fini di merce mi pare come legittimare il lavoro e la prostituzione minorili. 
La storia della pubblicità offre parecchi esempi oramai perduti, per essere elegante, pacifica e soprattutto rispettosa, come questa cremita Barzetti sepolta nel tempo.
Che continuino a usare per la réclame pallidi comici, stelle cadenti del cinema, robot o immagini 3D, ma la smettessero di far leva sul bambino che è in noi, mercificando il sentimento per l'infanzia che, coi soldi, non ci dovrebbe proprio c'entrare. E magari, sarebbe bello boicottare le marche irrispettose: come ha già detto qualcuno, i bambini non sono merce.