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Il passivo di Saman

 A questo link è visualizzabile lo stato passivo della (defunta) cooperativa sociale Saman Servizi. 

Ma resta una grande amarezza per aver incenerito il lavoro di Rostagno, uno con le palle tanto da aver pagato con la vita per il suo spirito libero.

Per Mauro Rostagno.

Per chi lo ama ancora e lo vorrebbe vivo e lo piange.

Per Domenico Altomonte.

Per tutti gli ospiti di Saman che ho conosciuto e ho visto soffrire. 

Per gli (ex) operatori di Saman, che dopo aver trovato solo questo fottuto blog a levarsi dal coro a urlare "Il re(uccio) è nudo", si sono fatti vivi, hanno sostenuto "Scacchiatore" in ogni modo e sono ormai diventati grandi, deliziosi amici...

come film

Giuseppe Pinelli: "Sbatti il mostro in prima pagina".
Falcone e Borsellino: "Highway men-L'imboscata". 
Edo e Sole: "Sacco e Vanzetti".
Mauro Rostagno: "Uccellacci e uccellini".
Pier Paolo Pasolini: "Gli ultimi tre giorni".
Daniele Luttazzi: "Gesù di Nazareth".
Maurizio Crozza: "Taxi Driver".
Sergio Mattarella: "Il piccolo grande uomo".
autostrada A3: "Highway men - I banditi della strada".
francesco cossiga: "Il pianista".
giulio andreotti: "The Matrix".
natangelo: "Maledetti vi amerò". 
ferragnez: "Operazione San Gennaro". 
elsa fornero: "Halloween" (tutta la saga).
massimo galli: "La grande abbuffata".
roberto buDrioni: "Histoire d'O".
andrea crisanti: "Il settimo sigillo".
vincenzo de luca: "Terminator".
roberto speranza: "L'esorcista" (tutta la saga, scopiazzature comprese).
mario draghi: "Shining".
gigggetto di maietto: "Forrest Gump". 
giuseppe conte: "Jeeper Creeper" (tutta la saga). 
mario borghezio: "Venerdì 13" (tutta la saga).
renato brunetta: "Freaks".
alessandra mussolini: "Il corpo della ragassa".
giorgia meloni: "Amore tossico".
matteo salvini: "Nosferatu, eine Symphonie des Grauens". 
giuseppe sala: "It".
giuseppe grillo: "Il grande dittatore".
piefrancesco maran: "It: Chapter Two".
pierfrancesco majorino: "Febbre da cavallo".
flavio briatore: "Moana" (miniserie televisiva). 
vittorio sgarb0: "Il senso della vita".
partit0 dem0cratic0: "Salon Kitty".
cosa nostra: "Così fan tutte".
camorra: "Sodoma e Gomorra".
sacra corona unita: "Vieni avanti cretino".
'ndrangheta: "Antichrist".
benjamin netanyahu: "La setta dei tre K". 

prima la mafia

 Dedicare una via o un giardino a chi è stato ucciso per il coraggio della verità ha senso. Perché allota tre consiglieri leghisti (uno di lealtà e azione) in municipio 8 si sono astenuti sull'intitolare un giardino ad Ilaria Alpi? Perché "è morta sul lavoro", hanno detto. Roba da Inail. Una donna paga con la vita per il suo coraggio e questi sputano sulla sua tomba.
La scusa di legaioli e neofascisti continua: Ilaria Alpi "non aveva rapporti con Milano". Sul fatto che fosse donna, non commentano ma si può immaginare il pensiero di gente dell'ultra-destra. Allora perché le hanno dedicato una scuola,in Barona? Non c'entrava perché in Somalia in quei giorni c'era l'ex segretario del Psi, Cammisa. Mandato da Cardella per i famosi aiuti umanitari e la costruzione di un ospedale. Psi, Craxi, Milano. "Meglio non dire", come in "Pensiero Stupendo".
Invece, da anni, si parla di traffici di armi e scorie, tangenti, riciclaggio in Somalia. Le stesse lordure su cui inciampò Rostagno, che scoprì un aeroporto in disuso a Trapani, già usato da Gladio, da cui partivano armi. Dall’inchiesta Cheque to cheque, condotta dalla Procura di Torre Annunziata, è emerso che esistevano rapporti dei servizi segreti italiani sulla morte di Rostagno ordinati da Bettino Craxi. Copia di essi fu ritrovata durante una perquisizione della sede romana del gruppo craxiano Giovane Italia. Craxi, Milano.
Ilaria Alpi finì in un groviglio mostruoso e ne fu trucidata. Come Rostagno, come Li Causi, uomo del Sismi, che Ilaria conosceva e che, coinvolto nell'operazione Urano, volta a smaltire scorie e rifiuti tossici in Somalia e non solo, avrebbe via via manifestato dissenso sulla questione, fino ad essere assassinato in circostanze poco chiare da "banditi" somali, pochi mesi prima di Ilaria e Miran.
Sono 26 anni che Alpi e Hrovatin non hanno avuto giustizia. La madre di Ilaria è mancata dopo aver lottato strenuamente, ma la famiglia aspetta ancora giustizia.
Il giardino di San Leonardo è pronto. Per Ilaria.
Intanto, voi fascisti, voi leghisti (ma è lo stesso), continuate a difendere l'indifendibile. Perché, se non avete paura della mafia e dei suoi gangli statali, probabilmente è perché ne siete complici, in qualche modo.

«Noi stiamo armando la Somalia mentre ufficialmente stiamo aiutando quei poveri cristi». Mauro Rostagno

"Hanno scelto te, Ilaria, perché qualcuno ha voluto ammazzarti, quel giorno a Mogadiscio, insieme a Miran. Perché hanno nascosto chi è stato, chi ha deciso e ordinato l’agguato, perché continuano a farlo". Giovanna Botteri

il fallimento di Saman

Da quasi due mesi le notizie sono tutte sacrificate all'emergenza sanitaria che stiamo vivendo. Accade così che molti fatti non vengano alla luce, per esempio è stato insabbiato lo scandalo del latte ai farmaci (circa il 50% di quello in commercio). Così non ho trovato nessun riferimento alla liquidazione coatta amministrativa della cooperativa Saman, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 14 marzo 2020.
Il termine nel titolo non sarebbe pertinente, ma le cooperative solo quando svolgono attività commerciale sono soggette anche al fallimento.

Non ci sarebbe molto da aggiungere alla brutta china presa da Saman, che il blog ha raffigurato nel tempo. Sono profondamente addolorato per cui non mi viene da scrivere altro, se non che Saman vivrà ancora, nei cuori e nei ricordi di chi l'ha fatta vivere, lavorandoci o ricevendo aiuto come ospite. Sopravviverà come la parola che significava, in sanscrito: canzone, armonia. Il ricordo di Rostagno e di tutto ciò che di bello ha fatto non morirà facilmente.
"Dove c'è sofferenza, ci sono anche i migliori anticorpi."
                                                  Mauro Rostagno

Giustizia per Mauro

         
 L'abbraccio tra Chicca Roveri e Maddalena Rostagno, dopo la lettura della sentenza che riconosce che Mauro fu ucciso dalla mafia, ha la dolcezza di una liberazione attesa da decenni. 
La commozione nell'abbraccio di due donne coraggiose, unite nell'amore per un uomo rarissimo, è la vittoria di una giustizia che finalmente riemerge da nebbie e paludi di Stato. Proprio Chicca ricorda il ruolo di depistaggio avuto dai Carabinieri, mentre è grazie al contributo di resistenza di poliziotti onesti come Germanà e Linares che si è giunti al processo. Non dimentichiamo i testimoni bugiardi, che la stessa corte di Trapani accusa, rimandandoli alla Procura per le false deposizioni.
Ricordiamo il cronico distrarsi dei media, che in questi tre anni e passa hanno citato vagamente il processo, magari morbosamente con false piste, con una complicità subdola, analoga alle intimidazioni, che non sono mancate dopo tutti questi decenni: in particolare ai danni di un giudice popolare e di Rino Giacalone, giornalista e fedele cronista del processo, condannato per aver diffamato il sindaco dell'omicidio Rostagno, quel Girolamo Fazio che - ricorda Chicca - negava l'esistenza della mafia a Trapani. L'avvocato del boss Virga, Galluffo, aveva perfino chiesto di punire Giacalone per i resoconti del processo, ma pm e presidente non hanno avallato l'intimidazione.
Maddalena dopo la sentenza va al mare, col dono (è il suo compleanno) di una giustizia sofferta, insperabile, ma sorta come una luna piena a rischiarare un pezzo dell'enorme buio della nostra disgraziata Repubblica. Mauro Rostagno è stato ucciso dalla mafia, perché aveva tanto, troppo coraggio.

Il suono di una sola mano

Il libro costa 15 euro, ma è ricco, ricchissimo: c'è Mauro Rostagno e quindi un papà raccontato dagli occhi della figlia, ci sono gli anni '70, Lotta Continua, c'è Curcio, ci sono le incomprensioni, c'è Macondo, Osho, c'è la musica, c'è Saman prima che venisse derubata e infine svuotata del discorso di Mauro, c'è la mafia, la massoneria, c'è Paolo Borsellino e c'è qualche poliziotto sveglio e molti carabinieri "distratti".
Questo libro esce non a caso mentre è in corso il processo che potrebbe accusare una volta per tutte i mafiosi che uccisero il giornalista, terapeuta, sociologo... Ma si può etichettare un uomo come Rostagno, che ha sfidato la mafia guardandola negli occhi?
Per questo è bello che le presentazioni in diverse città siano partecipate, che il libro si legga e che si parli di Mauro, il che dimostra che non sono riusciti a cancellarlo.
La prossime data in cui Maddalena presenterà il libro è giovedì 24 novembre, alle 16.00 a Trento, alla Biblioteca della fondazione Museo storico, via Torre d'augusto 35, con Marco Boato , Vincenzo Calì e Fiammetta Balestracci.

Il 28 settembre riprende il processo che vede imputati due mafiosi quali esecutore e mandante dell'omicidio. Per avere aggiornamenti, sia sulla presentazione del libro che sul processo, ci si può unire al gruppo aperto su Facebook "Processo per l'omicidio di Mauro Rostagno - Trapani Aula Falcone -"
Una raccomandazione finale: il libro andrebbe letto con sottofondo musicale, possibilmente quello indicato a pag. 172 da Maddalena, perché lo scanzonato Mauro non esisteva senza musica...

Rostagno ucciso due volte

Di Mauro Rostagno avevo già scritto... ma mancava qualcosa.
E' noto che il sociologo, giornalista (e tante altre qualità, tanto che sento quasi inutile etichettarlo) condannato a morte dai boss di Cosa Nostra, condivise il suo percorso anche con Francesco Cardella, che, si sa, è stato condannato per truffa e peculato, per aver rubato i finanziamenti pubblici alle comunità Saman. Quello che mi sconcerta, avendo lavorato in una di queste comunità, è che le cose non sono cambiate: nel vertice di Saman c'è ancora chi ruba. Nelle comunità di Saman gli operatori sono sotto organico e ricevono gli stipendi con ritardi regolari di tre mesi e, prima dell'ultima estate, si erano sentiti perfino proporre di non ricevere gli stipendi finché non fossero stati sanati i debiti che, certo, in parte risalgono alla gestione Cardella e ai tempi lentissimi della P.A., ma com'è possibile che comunità che ricevono CONTINUATIVAMENTE finanziamenti pubblici fatichino addirittura a fornire il vitto ai propri ospiti? Gli stessi ospiti vengono così impiegati nell'elemosina proprio dei viveri, in parte all'Ortomercato, recuperando ortofrutta invendibile perché marciscente, in parte al Banco alimentare e infine presso privati, a esempio un panettiere che generosamente dona pizze e focacce invendute, divenendo queste il principale menù di una delle comunità Saman. Mi riferisco in particolare alle sedi in Lombardia, di cui ho avuto esperienza diretta, ma le ruberie colpiscono tutto il circuito Saman. E questo è ingiusto, non ce la si può prendere solo con Cardella, certo colpevole e condannato a pagare soldi che non darà mai (non per nulla era amico di Craxi), quando Rostagno e il suo discorso contro l'illegalità mafiosa vengono disattesi a partire dalle stesse comunità che aveva fondato. Così, l'edificio di via Plinio, a Milano, inizialmente adibito a comunità di recupero, ora serve solo per ospitare feste ed eventi a pagamento, a marchi e società dai brand danarosi. Le comunità Saman soffrono: senza operatori in numero adeguato non è possibile fare il benché minimo progetto di reinserimento sociale. Il turn-over degli operatori è feroce e la credibilità nell'ambiente, a partire dai Sert, è più che sputtanata. Eppure, l'attuale boss di Saman, Achille Saletti, può sfogare il suo ego malato su siti come Tiscali Social, e, last not least, su "Il Fatto Quotidiano", spacciandosi come guru di tematiche sociali e criminologo giustizialista. Saletti non perdona; ma è imperdonabile che faccia soffrire ospiti e operatori delle Comunità, coprendo chi, molto vicino a lui, è stato addestrato a rubare. Stranamente, Saletti eredita continuamente appartamenti...
A proposito di criminalità organizzata, nel suo ultimo discorso pubblico Borsellino aveva indicato nella parte onesta, di chi non ci sta, il vero antidoto alle mafie...le tante mafie, anche a sinistra, capaci di uccidere una seconda volta i martiri della legalità democratica. Come Mauro Rostagno.

Io ricordo

Ho 40 anni, lavoro nel sociale, precario come tanti, troppi.
Dopo l'esperienza nell'estrema sinistra non volevo più partecipare a presidi, cortei, assemblee, manco mi sarei pensato a tenere un blog. Ma c'era un discorso sospeso, pieno di punti oscuri, dal '93, quando era esplosa la bomba al Pac, in via Palestro a Milano: era difficile mettere a fuoco il motivo. Dopo la deflagrazione ero sul posto, ricordo fiamme, confusione e la visione devastante che mi colse all'improvviso, quando scorsi qualcosa di incerto, in mezzo ai rami di un albero: erano resti umani, era un pezzo di qualcuno. Pochi giorni dopo i centri sociali scesero in piazza ma si tennero distanti dal corteo ufficiale, senza imboccare via Palestro ma si guardava verso il Pac, come verso qualcosa di imperscrutabile, cercando di afferrare il senso di tanta brutalità. Ancora una bomba a colpire innocenti, ma non era più tempo di strategia della tensione. O forse sì. Attualizzata. Negli anni si comprese che quello era un fax della mafia. Contro il 41bis, in piena trattativa tra stato e Cosa Nostra. E oggi...
Oggi il perseverare del malaffare ha gettato il paese in un baratro di disperazione. Casa, lavoro, ambiente, cultura, salute, servizi sociali, scuola, socialità, tutto è in secondo piano rispetto a interessi privati. Uno slogan dei centri sociali denunciava la "mafia dei partiti". Ma mi addolorava vedere che non c'era nessun cambiamento, cioè rivoluzione, intorno a me. Mi affliggevo quando, al Leoncavallo, ero in mezzo a figli di consoli, stilisti, gioiellieri, industriali: che cavolo avevo da spartire con loro? Modaioli, che via via son ritornati - infatti - tutti in un percorso semplice, strade spianate, dove non è dramma sopravvivere. Da tempo però ho ritrovato libertà di dissentire, di dire la mia, di cercare di fare qualcosa insieme ad altri resistenti, su questo treno senza freni che è il nostro sciagurato paese, in balia di mafiosi e politici collusi. Come trovo ricco di senso lavorare nel "sociale", così non me la sento di stare alla finestra a guardare questa ondata di morte collettiva. Perciò il blog lambisce ossessivamente il discorso antimafioso. E' il riflesso del rispetto del coraggio di persone come Giulio Cavalli, Benny Calasanzio, Salvatore Borsellino, Antonella Mascali, Daniele Luttazzi... Percorsi e anime eterogenee, com'è giusto che sia, ma con un amore sincero per un dignitoso vivere in comune, nel ricordo di chi ha pagato duramente per aver lottato contro la mafia.
Rostagno intervista Borsellino
Come Mauro Rostagno: aperta la comunità terapeutica Saman vicino a Trapani, per il recupero di tossicodipendenti, alcuni li aveva coinvolti a lavorare nella tv locale Radio Tele Cine, per mezzo della quale denunciava l'intreccio politico-mafioso. Aveva contattato Falcone per rivelargli qualcosa che aveva scoperto (un traffico d'armi che era riuscito a filmare, qualcosa in cui c'entravano il Psi di Craxi e, anni dopo, l'assassinio Alpi); Mauro conosceva e aveva intervistato Borsellino, per il quale provava rispetto. Fu proprio il giudice tra i primi ad arrivare a Saman la sera dopo l'omicidio di Rostagno. Entrambi sapevano dello spaccio quale linfa per la mafia e soprattutto della potenza nefasta del matrimonio tra macrocriminalità e politica, anche per via massonica; perciò mafiosi, agenti dei servizi segreti e politici collusi avrebbero dovuto rubare qualcosa ad ambedue, dopo averli trucidati: una videocassetta nel caso del sociologo torinese, la nota agenda rossa in quello del giudice palermitano. Erano le prove contro qualcuno di potente. Ma bastava solo il loro impegno per condannarli a morte da Riina e dai boss che approvarono la morte di Rostagno, colpevole di aver attaccato Cosa Nostra e di aver ritrovato quella commistione tra stato, servizi segreti, massoneria e mafia che analogamente fu oggetto delle indagini di Borsellino. Rostagno faceva nomi e cognomi e aveva uno stile giocoso ma lucido, molto simile a quello di Impastato: Peppino usava la radio, Mauro la televisione. Si erano conosciuti e fatto molto lavoro politico insieme, in Lotta continua. Ecco quindi il filo rosso che chiarisce che il nemico è sempre lo stesso, che nuoce alla collettività intera e noi... noi, non abbiamo, ancora una volta, che da perdere le catene che ci opprimono.