Visualizzazione post con etichetta invisibili. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta invisibili. Mostra tutti i post

Con i Ghisa

 E forse anche con le divise, mi verrebbe da dire. Certo, c'è anche la malapolizia, ma gli agenti che lavorano, lo posso dire, per noi, sono migliaia e migliaia.
Ieri notte, un uomo della Polizia Locale si è suicidato in un parco, proprio dietro casa mia. Un luogo che attraverso quasi ogni giorno e che oggi era deserto. Non c'era alcun segno dell'uomo che, quasi all'ora dei suicidi, si è tolto la vita. Sembra abbia usato la sua stessa pistola, il che è frequente tra le divise che si ammazzano da sole. Perché non ce la fanno più, perché sono i primi a vivere e sapere le ingiustizie. 
Molti direbbero, ma a fare il vigile in fondo non è che succeda chissà che. Quanto mai falso e i casi di cui si occupa la Polizia Locale sono i più disparati. Solo il Nucleo Tutela Donne e Minori ogni anno gestisce qualcosa come 500 fascicoli, parola sensata visto che ci possono essere insieme madri e bimbi. Come accaduto qualche mese fa, una pattuglia della Locale quasi a fine servizio, vedono un'auto messa male, controllano e sentono urla di donna. Un tentativo di stupro, da un ex incallito, e una storia atroce di violenza e paura, dove c'è anche un minore. Una sfilza di reati angosciante.
Incidenti, incendi, suicidi (magari persino durante i rilievi di uno scontro automobilistico), morti, criminali, feriti da soccorrere. E aggressioni, insulti, minacce. Lavorando nella rabbia, nella paura, nell'ansia. Scrivo questa frase e nelle vicine case Aler sparano petardi: è arrivata la droga. Questa è Milano, e gli agenti della Polizia Locale che si sono suicidati sono tanti. Tra tutte le divise, quest'anno siamo a venti. Un numero impressionante, perché poliziotti, carabinieri, soldati, agenti penitenziari, finanzieri, dispongono di armi e trovano ostilità, fuori e dentro i loro corpi. E anche i pompieri si suicidano, come a giugno, proprio in città.
Per questo da diversi anni la Polizia Locale di Milano si è dotata del progetto degli operatori Ponte, agenti dotati di una formazione psicologica, in grado di offrire un supporto ai colleghi in difficoltà, indirizzando i più bisognosi ai servizi di aiuto professionali. Il che accade di rado, perché spesso gli operatori Ponte sanno essere davvero capaci di sostenere i colleghi che stanno male.
Poco tempo fa ho pubblicato un librino, "Il ghisa" e ovviamente non ne parlo per réclame (visto poi che il blog resta, orgogliosamente, di nicchia), quanto per una strana, amara coincidenza, dato che nel cercare riferimenti reali sulla vita degli agenti della Locale, mi ero imbattuto nel progetto degli operatori Ponte. Scoprendo così, casi terribili di cui si occupano i nostri Ghisa. 
Sto male per quel vigile. Poliziotto, agente, comunque lo vogliamo chiamare, era un uomo che non ce l'ha fatta. Dietro casa mia, in queste periferie dove siamo sempre più soli. Tutti.
 
Come faceva freddo
Com'era bello che lui fosse lì
Apro una porta, sei piani di scale
Ci sono i suoi quadri ma lui non c'è più
Piero Ciampi 

chi non fa notizia

 Ci sono morti che non fanno notizia. Homeless, suicidi. In una grande(?) città come Milano, poi...
Un ragazzo. Senegalese, agitatissimo. È arrivato di notte, dai senza dimora che dormono in Largo Marinai d'Italia. Era sconvolto? Fatto? E di cosa? Non c'è droga più grande del dolore. E mica la scegli.
I poveri marinai di terra gli hanno dato delle coperte. Perché chi è senza casa ha l'anima nuda, materialmente non ha una minchia fottuta, ma se può, dà, a chi ha bisogno, a chi è disperato. Oh certo, mica tutti, ma insomma, uno può essere alcolizzato, criminale, quello che vuoi, eppure ha più solidarietà di un ministro, un assessore, un ente del Welfare.
Ma il ragazzo senegalese dice ai naviganti senza movimento "Una penna! Una penna! Una penna!", di continuo. Loro, non capiscono. Gli indicano una panchina libera, devono dormire, al mattino, se non si svegliano, lo fa la polizia. E quindi, anche lui, è meglio che riposi.
Nel buio silenzioso di quel cargo umano, tutti sono sopraffatti dalla stanchezza. Africani, asiatici, sudamericani. E più di tutti, lui, quello sconosciuto. Il giovane Wolof lascia le coperte, ripiegate sulla panchina, si toglie la giacca, la maglia e le appoggia sopra quei salvavita delle notti d'inverno, per chi ha per tetto il cielo. Poi se ne va. Ma fa poca strada. Abbraccia un albero, pieno di cuori con le iniziali intagliate sulla corteccia del grosso tronco. Ecco i brividi, l'adrenalina. E dopo, tutti gli altri sintomi.
Il mattino è ancora buio quando arrivano pompieri, polizia, ambulanza. Dicono che si sia impiccato, ma i vigili del fuoco vanno via subito, non c'è nessuno da tirare giù, non c'è più nessuno da salvare.
Lo hanno trovato assiderato, ancora abbracciato a quel benedetto albero. 
Chiedeva una penna, per scrivere un addio, ma gli homeless non ne usano. Di inchiostro, sì, ma anche di addii, se ne vanno, così, puf. E ormai, l'inchiostro sta scomparendo un po' da tutti. 
Chissà perché era stanco. Perché si è arreso. 
Noi eravamo passati un po' prima, a dare un saluto e del cibo a quei marinai attraccati al porto Formentano. Ma noi, boh, forse avremmo solo potuto dargli una penna, a quel giovane. Ieri notte, a fine servizio, mi sono reso conto di averne ben quattro, nelle tasche.
Addio ragazzo. Sei morto dopo 4000 chilometri, e chissà quante lacrime. Ora sei in pace.
 
Ps Ho scritto questo post tremando. Non scherzo, non lo farei. Non riuscivo a scrivere. E mi sento un idiota. Non perché un po' prima eravamo passati di lì, no. Perché sono anni che mi capita di dire che il suicidio per assideramento è forse il metodo più sconosciuto e meno usato. Eppure, eppure, eppure... Prima o poi riuscirò a piangere.

 

Senza dimora

 Dopo più di un anno di gestazione, ripensamenti, limature, mi sono deciso a mandare "in stampa", per altro virtuale, un mio piccolo libro.
Il movente principale è di raccontare un mondo il quale, pur passandoci accanto, è come invisibile. Me ne sono reso conto dopo anni di servizio con l'Unità Mobile per persone senza casa, raccogliendo lo stupore dei volontari accostandosi a questo pianeta.
"Senza Dimora - Il sociale sulla strada" vuole solo raccontare, il mio e il vissuto di assistiti, operatori e volontari.
Per questo l'ho lanciato su Amazon, a un prezzo ridotto (3,90 €).
Non mi interessa diventare uno scrittore, anzi, sai che fatica, ma appunto testimoniare di un esistente poco noto, tra l'altro in un particolare momento storico quale è stato il lockdown, coi suo i rivoli dove non va tutto bene.
Sse ti interessa capire di più delle persone senza casa, puoi leggere o anche solo dire in giro di questa pubblicazione. 
Hai la mia gratitudine.

Chiudere Ciaoamigos.it

 Vivono tra noi. I pedofili. Clero, allenatori sportivi a livello amatoriale, professionisti, insegnanti, trasportatori, persino operatori sociali e forze dell'ordine, non c'è categoria esente da questa piaga. E se non si tratta di abusanti veri e propri, perché un pedofilo è un malato (malvagio), le collusioni toccano ogni ceto e qualifica. Per denaro, per convenienza, per omertà. Non solo a a Milano le 'ndrine da tempo si sono stufate di piazzare la coca: la portano i picciotti serbi? E la vendano pure, sai che fatica spacciarla. Invece, quanto costa una foto illegale? A quante dosi equivale? Troppe, di sicuro. E così da qualche anno la 'ndrangheta si è buttata sulla pedopornografia, che gliene frega a quelle merdine, basta far soldi. E tanti.
La Rete è terreno fertile per chi massacra i bambini. Non solo il misterioso "dark web", quanto i canali sociali sono mezzi per spacciare materiale, irretire nuovi adepti e, soprattutto, agganciare vittime. Oltre ai maggiori come Facebook, WA, Instagram (toh, tutti dello stesso padrone), ci sono i nuovi, come Telegram, Tik Tok... Si può obiettare che si tratti solo di mezzi, ma è illuminante l'esempio di Google: quando Big G aprì il suo social, Google+, veniva proposta come amico un ragazzino, o una ragazzina, di altri paesi, quindi dei perfetti sconosciuti. Si trattava di profili fake, quei minorenni non esistevano, erano stati creati su dei computer. Ma se si accettava di entrare nelle loro cerchie, si veniva inseriti in una "watch list", come potenziali pedofili. E si indagava. Youtube stesso, oltre a cercare di monetizzare con la versione Kids, si preoccupa di bloccare su semplice segnalazione, in automatico, la puzza di violenza sui minori.
In Italia però c'è una chat ormai oasi dei pedofili, ma non solo, e queste righe vogliono denunciarlo. Si tratta di "Ciaoamigos". Già il nome mostra un livello mentale basso, ma il peggio è che, complice la latitanza dei moderatori, volontari spesso assenti, o nascosti, più impegnati a rifarsi delle frustrazioni e a cercare sesso loro stessi, su ciaomigos.it si può fare quasi di tutto. Prostituirsi, in cam o di persona, truffare, rubare foto, rubare identità, ricattare, stalkerizzare, persino spacciare crack o coca. Uccidere. La cronaca riporta a volte vicende come quella "Il collezionista", da alcuni erroneamente collegato a Facebook. Ma era su ciaomigos che G.B. Fasciano conobbe Chiara, per poi ucciderla. Su quella maledetta chat imperversano pedofili, ma persino zoofili e necrofili. Per questo anni fa Anonymous gli massacrò i server, chiudendo di fatto la chat per diversi giorni. Certo ora la legione sta avendo altri problemi, ma l'uso massivo della Rete a causa dell'emergenza sanitaria sta aumentando i traffici, in troppi sensi. Coincidenza unica, anche la Postale chiuse quella chat, ma per vie legali, in un altro periodo. Il motivo era lo stesso: pedofili. Probabilmente l'unico terreno che unisce hacker e vigilantes.
Il "vantaggio" di Ciaoamigos è che la registrazione non è obbligatoria. E va da sé che gli IP, coi vari sistemi per camuffarli, non bastino per tracciare i criminali. Soprattutto quando gli amministratori del sito se ne sbattono altamente. Chi scrive, anni fa, ricevette su quella chat dei link inquietanti, senza osare guardarli. Segnalò tutto all'admin (tale Pippo Messina) e la risposta che ricevette fu una domanda: ha aperto i link per essere sicuro? [Piuttosto mi uccido, webmaster del menga, ma che diavolo!]. Fu fatta una segnalazione anche alla Postale, ma la prassi è che non si viene informati poi degli esiti.
Insomma, Ciaoamigos dovrebbe essere chiusa. Il più presto possibile.

Senza advocacy

Mentre questo anno così disperato si avvia finalmente a crepare, c'è un sassolino nella scarpa di un assistente sociale. Proprio all'indomani del primo, sciagurato lockdown, l'Ordine Nazionale approvava il nuovo codice deontologico, le regole etiche che guidano la professione. 
Advocacy vuol dire patrocinio, sostegno e indica le azioni volte a promuovere... una buona causa, vale a dire orientare l'opinione comune e di conseguenza indirizzare le politiche pubbliche. Bene, fino al vecchio codice deontologico c'era un articolo, numerato col 37.
"L’assistente sociale ha il dovere di porre all’attenzione delle istituzioni che ne hanno la responsabilità e della stessa opinione pubblica situazioni di deprivazione e gravi stati di disagio non sufficientemente tutelati, o di iniquità e ineguaglianza."
Bello potente, eh? Rivoluzionario, condivisibile, eroico. Anche troppo. E così è sparito. Guarda un po', proprio all'inizio del calvario che sta precipitando un sacco di persone nella povertà e che non ha ancora raggiunto il suo climax. 
Ho cercato di credere nella mia professione. E difenderla, spiegarla. Viverla. Ma facevo fatica e ora che è scomparso questo fondamento di anelito alla giustizia sociale, mi sento derubato. Non dalla tassa annuale, non da formatori appioppati a riempire ore, crediti, per un aggiornamento obbligatorio che avevo imparato ad apprezzare, nemmeno da colleghi che lavorando nel "pubblico" sembrano trattare noi del terzo settore come dei paria - e un po' lo siamo, purtroppo. Ma mi sento raggirato da chi, derubricando l'advocacy a lavoro di rete, (importante, certo ma...) ci ha detto "Non è roba nostra, lasciamo perdere". 
E, brutalmente, con un glissando sulla professione come colui che molli qualcuno ad un qualsiasi svincolo, mi sento talmente raggirato e pentito da rimpiangere i trasporti in furgone in giro per l'Europa, con la caffeina, la musica e il viso di una donna da rivedere al ritorno, che fosse una ragazza vera o il mio adorato, moribondo paese.

Piano Gelido

 Qualche giorno fa la newsletter del Comune ha annunciato baldanzosa l'avvio del Piano Freddo. Il 26 Novembre. L'anno scorso invece il PF era iniziato il 17 novembre.
Ai tempi di Majorino, duole rammentarlo, si partiva verso il 15 ottobre, all'accensione dei caloriferi, data che Sala l'anno scorso aveva definito insensata per il riscaldamento, perché non farebbe freddo.
A Milano non fa freddo. A Milano non c'è la mafia. A Milano i soldi per i dormitori si trovano quando ormai nevica, mentre già da settembre associazioni di settore (ed anche questo blog) chiedevano di aprire i rifugi per le persone senza casa.
Non è che Majorino fosse un genio nel suo lavoro, ma Rabaiotti, con la sua amara inconsistenza, lo fa davvero rimpiangere - e mai ci si sarebbe sognati accadesse.
Iniziare il 15 ottobre significava fare un lavoro lento, ottimale. Magari si presentavano e venivano accolte, tra le altre, le persone più fragili. Si evitavano così le bolge di questi giorni al Centro Aiuto e la conseguenza di dover rimandare indietro diverse persone per mancanza di posti. Letti che non bastano, perché, anche qui, come col virus, si gioca coi numeri, sciorinati sul sito del Comune. Sì perché arrivare a 2000 posti letto significa includere i già mille e più assegnati stabilmente. E se per letti intendiamo poi le brandine del mezzanino, be', provasse a dormirci una notte, l'assessore!
Rabaiotti mente quando parla di stabilità dell'accoglienza e accompagnamento sociale perché con l'arrivo del caldo buona parte dei dormitori vengono chiusi o ridotti. Come è accaduto a giugno, dopo il primo "lockdown".
A fine articolo si parla di due servizi che sono in realtà lo stesso, dato che le segnalazioni dei cittadini inviate al numero 02.88447646 sono le stesse poi evase dalle varie unità di strada serali. Segnalazioni non di rado fatte da milanesi benpensanti che sognano l'arrivo di veri spazzini dell'umanità. A proposito, la morte del senza casa settantenne davanti al Fatebenefratelli, ad opera di due mezzi Amsa, è significativa. Una tragedia, ma a Milano una persona può essere tranquillamente trattata come... un rifiuto. Umano.

Aprire i dormitori!

 Comincia a fare freddo e per chi vive in strada inizia la stagione più difficile. Uno di loro dice "Inferno" invece di Inverno e a volte uso anch'io questo calembour. 
Le temperature non sono ancora proibitive ma per un assideramento non occorrono misure polari: basta molto meno, specie se si è già provati da sostanze, alcool, depressione... In una parola, dalla strada.
L'anno scorso il Piano Freddo è iniziato il 17 novembre. Un po' tardi. Perché? Per risparmiare? Forse esagero, ma le ciclabili dipinte sembrano una conferma, non creo una cultura della bicicletta (o della solidarietà), ma ne do l'apparenza. 

Fa freddo, ha piovuto e pioverà molto. Allora, aprite i dormitori. Sala, Rabaiotti, prima di tuffarvi nel lisergico delle elezioni, cercate uno straccio di coscienza da qualche parte dentro di voi. Sbattetevi. Ricordatevi degli ultimi. 
Aprite i dormitori. Apriteli, spendete un po' no? Fatevi belli anche sul sociale, invece di starne al capezzale comatoso. Investite. Magari qualche ideina innovativa, come che so, un deposito bagagli per i senza dimora, per lasciarli liberi, per far sì che nella miseria nera di questi tempi non si vedano sottrarre di tutto?
 
Don Roberto Malgesini per aiutare i poveri ci è morto. Che figo, che figo non era, sorridente, umile, schivo, solidale, qui ritratto in una "Unità Mobile" fatta solo da lui, "one man band". Un'immagine che chiama ancora rispetto verso la parola Cristiani.
Invece, Beppe, Gabriele, voi siete laici. Ma responsabili. Rispondete. Aprite i dormitori, così anche noi che scendiamo in strada coi volontari e ce lo sentiamo chiedere da chi non ha una casa, avremo le spalle coperte...
                                                    
                                                  Riposa nella pace, don Roberto.

Prima i bimbi

 

"... Ma noi siamo andati avanti, anche se non ci avete permesso di aprire come sempre ma con un ulteriore progetto: estivo questa volta.

I bambini si sono assunti le loro responsabilità ed hanno accettato i piccoli cambiamenti con una maestria ed intelligenza unica nel genere umano. E voi state ancora cercando di capire come poter riaprire a settembre.

Guardate i bambini. State con loro. Troverete le risposte. È difficile decidere quando non si conosce quello di cui si parla.

Anche noi ci siamo assunte le nostre responsabilità e seppur con non poche difficoltà, abbiamo riaperto con lo stesso servizio. Anche se per voi siamo solo un centro estivo..."

Educatrici di una scuola per bimbi - di periferia.

chi torna invisibile

Col ritorno delle persone a vivere la città, Milano si mette di nuovo a nascondere i meno fortunati: le persone senza dimora. Costoro possono così camuffarsi e apparire solo al buio, quando i posti dove dormono diventano nuovamente vuoti.
Il bilancio è tragico. Non tanto per il "virus", che tra gli individui senza casa non ha mietuto neanche una vittima. Anzi, l'inverno ha segnato un numero di morti tra gli homeless piuttosto basso: 4, se si conta Tudor, il romeno deceduto a giugno in XXV aprile. Se non sta andando per niente bene è per la carenza di "cura" che, se manca per molti, è davvero latitante nel caso dei senza dimora.
Gli ultimi dormitori, oltre a quelli aperti - per fortuna - tutto l'anno, hanno ormai chiuso a giugno e non ci sono posti disponibili, da nessuna parte. Si dirà: ma fa caldo. Certo, e quindi si può dormire per strada? Quando si parlava di un aiuto che andasse oltre l'inverno, superando la logica di interventi emergenziali come il piano freddo.
Non tutti i servizi per i senza dimora sono ripartiti e, complice la pausa estiva, questo significa che molte mense, docce, guardaroba, centri diurni, sportelli di ascolto e, soprattutto, unità mobili, non saranno disponibili almeno fino a settembre.
Molte onlus hanno letteralmente paura ad agire, sia che si tratti di dirigenti ed "operatori" in pianta stabile (quasi nessuno con titoli in campo sociale), che di volontari, spesso bravi sì, ma mossi da puro buonismo, non formati, guidati appunto da personale non qualificato. Così, alle croniche carenze di aiuto professionale, in nome di un mero assistenzialismo che facilita esternalità negative (persone che si fingono senza dimora per questuare, clochard con dipendenze dediti a rivendere beni ricevuti, dal cibo al vestiario), si aggiunge un fardello non indifferente per chi continui a "scendere in strada". Ci sono piccole onlus che presto chiuderanno, per mancanza di risorse umane (volontari in primis) che economiche.
Se sono tornate le elemosine, che aiutano a mondare le coscienze dei cittadini, mentre per una persona in strada possono rappresentare un aiuto ad alcolizzarsi, a drogarsi (di sostanze o gioco d'azzardo), l'onda lunga del disastro finanziario che il paese sta vivendo deve ancora arrivare. Perché se gli tsunami economici sono lenti, ancora più subdola sarà la distruzione di imprese e cittadini, con ammortizzatori sociali in ritardo o mancanti, redditi di cittadinanza inutili e l'inveterata latitanza di vere, efficaci politiche per il lavoro e la casa.
Gli operatori sociali, e non solo, si aspettano un'ecatombe a settembre, con un aumento di persone in strada. E di criminalità. E di dolore.
Vox clamantis in deserto, chiederei la testa di quel Rabaiotti che fino ad ora non si è compreso bene cosa abbia fatto su casa e politiche sociali: un assessore che dovrebbe dimettersi, ma non lo farà, nemmeno quando, a furia di innalzarsi la tensione sociale, non è detto che non ci scapperà il morto, tra qualche strenuo operatore o volontario (ma ovviamente spero di sbagliarmi).
Infine, un ringraziamento sentito alla Croce Rossa, che nella latitanza istituzionale del Comune, è rimasta sul campo ad agire, come ha potuto, con poche altre onlus, durante tutta l'emergenza, in favore delle persone senza casa.

chi rimane in strada


Nel momento in cui lo Stato obbliga tutti a rimanere in casa, chi un tetto non ce l'ha rimane in strada.
Finalmente anche i media ne parlano, aveva iniziato RaiNews col programma "Cammina Italia",  il 29 febbraio, dedicando una parte dello speciale ai senza dimora milanesi - venendo a intervistare anche il presidente della Fondazione dove lavoro.
Adnkronos ha parlato oggi della situazione di Roma, mentre Milano Today ha pubblicato un video dell'uscita di venerdì sera con la Croce Rossa in centro. La foto sopra è un'istantanea di quel filmato. Sconsolante, l'uomo intervistato dice di non aver paura di morire. Ma il servizio può apparire agghiacciante, perché rivela un grande dramma: anche i servizi per i senza dimora sono ridotti all'osso, è rimasto il mezzanino, sotto la metropolitana in Centrale, che non è altro che un lungo corridoio con decine di persone a dormire. Che sono un'unghia dei circa 5000 (numero stimato) di individui che vivono in strada a Milano.
Poche le mense rimaste aperte, che distribuiscono sacchetti di alimentari, utilissimi, ma insufficienti. Dormitori, guardaroba, docce, sportelli, sono per lo più chiusi.
Quanto alle unità di strada, siamo rimasti in pochi ad uscire. Portiamo cibo e... Orecchio, Perché, come dice il buon Davide di CRI nel video, il problema per chi ha l'asfalto per pavimento è "non avere persone da salutare, non avere persone con cui arrabbiarsi".
Anche se tra le inadempienze di Stato e Comune di Milano in un'emergenza è annoverabile la mancanza di attenzione a chi è ai margini estremi, non affondo polemico. A volte ho pensato di non fare un lavoro vitale. In queste ultime settimane invece, ringrazio di poterlo svolgere e, in cuor mio, ogni giorno prego che non mi venga detto "Mi spiace, ma uscire è troppo pericoloso, smettiamo".
Per questo, anche se non amo i "cancelletti", ne conierei uno, contro l'indifferenza totalitaria: #manoiusciamo!

Altro che housing!

Ancora una volta, viene chiesto al blog un aiuto, a sfogare il malessere di essere operatori sociali nell'area dei senza dimora.

Il Piano Freddo a Milano è partito da qualche settimana. Sempre più tardi, complice il clima, certo, ma per le casse comunali significa un risparmio. Il nuovo assessorucolo, Rabaiotti, oltre a non aver risolto il problema degli alloggi popolari (il 6% resta non assegnato) ora porta tante belle parole (e pochi fatti) ai servizi sociali. Senza dimora è un eufemismo per "senza casa". Ma sparare a zero su Rabaiotti e sul sindaco è superfluo: basta leggere, nel comunicato sul piano freddo (che doveva sparire a vantaggio di politiche sistematiche, ma amen) che le strutture verranno aperte gradualmente a seconda delle esigenze fino a raggiungere la capienza totale di circa 2.700 posti letto. Aperte quando, a marzo? I senza dimora a Milano si stimano siano 5000. Molti in dormitorio, spesso dei veri gironi infernali, non ci vanno, o ne scappano via, o ne vengono espulsi. Si parla di Housing, ma tempi e capienze sono lenti. Non si investe nel sociale, perché tanto, molti sfd non possono o non vogliono votare, mentre ai cittadini si getta polvere negli occhi, come col triste sistema delle segnalazioni di persone per strada, fatte male, spesso inutili (perché l'individuo si sposta) o nella speranza che arrivino spazzini dell'umanità a cancellare il degrado sotto casa.

Negli Stati Uniti, Community Solutions, un'organizzazione No Profit, ha avviato da anni ben più di un progetto: una rete, un metodo dal nome "Built To Zero". Lo zero significa il numero delle persone che resterebbero per strada. Su 85 comunità (città e contee) aderenti, undici lo hanno raggiunto.
Il metodo è semplicemente complesso: un team di esperti coordina una platea di soggetti disparati, enti pubblici, di housing (che, attenzione, da loro non sono organizzazioni caritatevoli ma vere società immobiliari) e associazioni di volontariato. Edifici vecchi vengono ristrutturati ed altri costruiti ex novo, per dare casa (bella, non una stamberga!) a chi rischia di non averla. Perché si fa prevenzione: i dati servono a inquadrare le aree a rischio di emarginazione, dove il mercato rende gli alloggi troppo costosi. Infatti gli appartamenti non vengono meramente donati, ma affittati, se non venduti, a prezzi abbordabili, inferiori a quelli di mercato, che è poi il principale produttore di homeless. Ci sono veri e propri investitori, pubblici e privati. Per le amministrazioni statali ciò significa un risparmio sui costi creati da chi vive in strada: sanitari, di sicurezza (la microcriminalità richiede polizia e carcere), degrado, in vista di un ecosistema umano che virtuosamente ne beneficia perfino nell'industria del tempo libero e del turismo. Per i privati, è previsto un vero ritorno economico. I progetti poi non sono solo nella dimensione domiciliare, ma toccano tante sfere, la sanità, la cura dell'infanzia, il recupero di aree dismesse, la creazione di occupazione (perché chi lavora poi può pagarsi casa e ben altro), la produzione di cibo e tanto altro ancora.
I dati vengono condivisi in tempo reale, in modo da verificare il successo degli sforzi effettuati e delle idee innovative: se funzionano, si continuano. Le comunità hanno così un sapere prezioso e la verifica di riuscita non si fa sul numero di persone che accedono ad una casa, ma su quelle che rimangono in strada(!). Infatti Community Solutions punta sul tempo, perché la velocità salva, altro che le lungaggini nostrane.
Sarebbe lungo spiegare "Built to Zero", che è quanto mai dinamico, ma c'è il link sopra. Resta sconsolante che da noi tutto questo suoni come fantascienza, ma se manca la volontà, qui, è perché i numeri sono dimostrativi, solo tanto per - ottenere voti, per i politici e donazioni, per le onlus di cui trovi tanti banner carini qua e là, soprattutto durante la stagione del famigerato "5 per mille".😱

spostare i problemi

È mezzanotte da poco e il nuovo dormitorio "Mortirolo" conta una trentina di ospiti (non inganni la foto, perché altri ancora erano alle mie spalle). No, certo, quello non è uno shelter ma un sottopassaggio, eppure chi ci dorme sa di essere nascosto, ancora più invisibile: chi caccerebbe persone da un posto fatto solo per le auto? Un tunnel dove si ha paura a passarci a piedi, per smog e traffico, figurati dormirci.

Credo che questo scenario sia inedito e significativo di come vadano le cose: ma si sa, c'è un governo (giallo) che vuole smantellare la UE e un altro, verde, il quale intende mostrare gli attributi, senza pietà. Per questo, penso che gli assessorati cittadini in gioco possano fare ben poco, quando anche un sindaco come Sala si ritrova corso Monforte militarizzato per la venuta di Salvini, alla fine di settembre.
Succede così che i senza dimora vengano cacciati dalle zone in vista, del centro, ma anche delle tante piccole, stupide, illusorie "movida" della città, oltre a stazioni, panchine, vetrine dei negozi... Non ci vuole molto a fare alzare una persona che ha come casa, vita e universo intero la strada, ma non gli si risolve il problema: lo si sposta soltanto, come nascondendo la polvere sotto i tappeti. Solo che qui si tratta di persone e francamente vederle sull'asfalto, ad altezza di marmitte e taxi e autobus, è più raccapricciante di qualsiasi film horror. Perché è la realtà, ed è tremendamente tragica. 

Sala: «Questa che vuoi una Milano cosmopolita me la segno»
Salvini: «Intendo una città piena di austriaci, svizzeri, neozelandesi...»

Il pericoloso odio per gli animali

La crudeltà sugli animali è un indicatore di pericolosità sociale. Sembra semplice osservarlo ma non lo è. Non lo è per l'Italia, dove, a differenza degli Stati Uniti, il maltrattamento sugli animali non è un reato grave. Eppure è così semplice, che cominciando, magari da bambini, la violenza passi poi contro le persone. Non è un caso, nemmeno, che un tipico avvertimento mafioso sia recapitare teste mozzate o corpi decapitati di animali.
Link-Italia è una piccola, giovane e coraggiosa associazione che si batte per il riconoscimento di questo semplice ma terribile assioma: il Link è nella continuità di vittime tra animali e umani. Il bullismo inizia da bambini, magari per problemi di violenza subita, proprio a danno di animali.
Non si tratta di sensibilizzazione animalista, dato che si tratta di un marker precoce di criminalità sanguinaria. Se è vero che non tutti gli abusatori di animali diventano serial killer, è riconosciuto però che tutti i serial killer lo furono.
La foto potrà apparire troppo forte: non lo è e zooerastia, clip crush e quello che puoi trovare sul sito di Link-Italia è molto, molto più terrificante. Io, che oggi ho seguito un corso di Link e ne sono sconvolto, non riesco ad aggiungere altro, se non che è possibile segnalare i maltrattamenti sugli animali al Corpo Forestale dello Stato, telefono 1515.

Una delle cose più pericolose che possa accadere a un bambino è quella di uccidere o torturare un animale e farla franca.
                      Margaret Mead

Bentornato Gian Maria!

È con colpevole ritardo, ma non meno viva e vibrante soddisfazione, che voglio complimentarmi con il meraviglioso Gian Maria Volonté nel suo nuovo ruolo. Il film "Quirinale" è un sicuro successo al botteghino e Volonté, con quel capello bianco simil-saggio, quella familiarità da marcello pera in mutande, quell'aria demente da "mi sono perso e non so manco l'inglese", lo interpreta come solo lui poteva farlo. Che dire poi dei gustosi siparietti, come con la regina inglese, dove lui, orfano di traduttrice, pare il maroni di Crozza, e la vegliarda che pure lo apostrofa affettuosamente con un bel "you're very fresh!" (trad. "A FRESCONE!"). Non voglio approfittare della ipotizzata depenalizzazione del vilipendio del PdR ma mattarella pare un quaquaraquà, uno che sembra tutto e soltanto un vestito con qualcosa dentro. Sarà il gioco delle parti, dopo "il papa" (alla michele greco) buono, devi mettere in scena un ominicchio che ruba il mestiere ai comici, perché sarebbe tautologico fare battute su un tizio già ridicolo di per sé.

Naturalmente mi scuso per Gian Maria (per sergio no, ovvio) ma 'ste righe mi frullavano in testa da troppo tempo e ogni volta che vedo il presidente penso con affetto a Volonté, a come avrebbe impersonato bene il dramma di una banderuola, perché questo Quirinale sembra un film tragico diretto da Franco Rosi. O, forse più tristemente, quando vedo mattarellae, rifuggere nel ricordo malinconico di Gian Maria è molto più sano. Con Volonté si può piangere, come fece lui stesso quando vide girare il proprio funerale, nel finale di "Un uomo da bruciare" o come capitava a chi non poteva che restarne folgorato, come la comparsa romana nel ruolo di guardia, durante l'arringa di Vanzetti ("e be' me commuove questo...") o il doroteo Martinazzoli, nascosto in un angolo a lacrimare, alla fine della proiezione de "Il caso Moro". E ora vado a fare un po' di catarsi anch'io sulle immagini del funerale di Gian Maria Volonté dove furono dette le frasi che seguono. 
Aggiornamento: è il 2018 e il video è stato rimosso! Lascio il link comunque, non senza rabbia e malinconia...

Ho fatto cinque film con questo grande attore. Insuperabile per l'adesione ai progetti, che accettava solo quando trovava ragioni di coinvolgimento morale (Franco Rosi)

Scusaci... Non ti siamo stati abbastanza vicino (Omero Antonutti)

...Tutto il tuo coraggio e... E sempre la tua speranza che... qualcosa cambiasse... che... hanno affaticato il tuo cuore. Adesso tocca a noi, ciao...  (Renato Carpentieri)

Senso versus sensazionalismo

Martedì sera Italia 1 ha trasmesso "Blog notes - La povertà come malattia". In qualche frammento della puntata c'ero anch'io e così, quando ogni tanto finisco invischiato in qualche media, mi prendo la rivincita qui. 
Che si tratti di carta stampata o elettronica, mi colpisce sempre scorgere che il giornalismo cerchi l'emozione forte, arrivando a stravolgere il senso della realtà o a dare per buone quelle immagini che, pur false, sono appetitose per il sensazionalismo. Così, se il significato di parlare di povertà come malattia, presuppone che esista un antidoto al morbo, cercare di far colpo passa un po' sopra le teste di chi viene in qualche modo usato. Non volevo farmi intervistare, ma voglio troppo bene al collega che, a sua volta, era restio a farsi "utilizzare". 
Il fatto però che più però mi rincresce è che mi era stato detto che quel servizio non sarebbe andato in onda. Invece, "Blog notes" era già stato trasmesso all'inizio dell'anno su Tgcom 24 e l'ho scoperto quando ho cercato la puntata in streaming. Be', se uno presta la propria immagine, magari vorrebbe sapere se questa verrà adoperata, e quando... Tanto è vero che, tempo dopo, mi sono rifiutato di parlare con l'inviata di Ballarò.
Riguardandomi in quei brandelli televisivi, mi sembra che, a più di un anno da quelle riprese, rispetto ad allora ormai mi sia rimasta solo la camicia azzurra. Tutto il resto sta svanendo, i retroscena dell'assistenzialismo sono orribili. E i media si accodano a sciacallare...

La capitale dell'indifferenza

Stanno arrivando in rete i comunicati sulla morte di un cittadino romeno, trovato senza vita nel primo pomeriggio in Stazione Centrale. Lo hanno identificato grazie alla tessera della mensa dei frati di viale Piave. Quello che però non dicono le agenzie, al contrario del passaparola dei senza dimora, è che quel corpo era lì, nella zona dei pullman che vanno agli aeroporti, da stamattina. Ha avuto il sole a picco tutto il giorno, ma soprattutto l'indifferenza della "fauna" locale: viaggiatori, ferrovieri, poliziotti pubblici e privati, autisti di taxi e pullman...
Nessuno aveva il tempo di fermarsi, di chiedersi se quel tizio steso ad arrostire al sole, con la bocca aperta, il materasso arrotolato lì a fianco, non avesse avuto un malore, o peggio. Lo so, pecco di moralismo e forse pure di ingenuità, visto che "radio clochard" non è sempre attendibile. Ma non è sconcertante che in uno dei luoghi più affollati della città, un cadavere possa rimanere ore ed ore alla vista di chiunque, senza che nessuno intervenga? 
La miseria non va in vacanza e infatti l'allarme è stato dato da altri clochard. Si parla di decesso per cause naturali, ma quell'uomo sembrava, dicono, dimostrare sui 60 anni. Logorio della strada, del malessere, certo, però il fatto che potesse apparire anziano aggrava il giudizio sull'indifferenza di cui Milano è capitale. Penso che non si troverà mai una politica sociale contro questa bastardaggine alla moda, quella dei cattivi samaritani.

Sulla pelle dei detenuti...

La Severino un mese fa diceva che non si fa campagna elettorale sulla pelle dei detenuti, perché non era stato calendarizzato il ddl sulle misure alternative. Questa la difesa della guardasigilli dopo la strigliata di Strasburgo, nata da un ricorso di detenuti di Busto Arsizio. Credo che dalla stessa sentenza nasca pure la visita di oggi di Napolitano a San Vittore. Sinceramente avrei preferito sentire il presidente del Csm parlare di amnistia molto prima e non certo in scadenza del mandato. 
Da almeno un decennio quasi la metà dei ristretti sono in attesa di giudizio: significa che fino al giudicato costoro sono presunti innocenti, come ricorda l'associazione Antigone, di cui trovi il banner nella colonna a destra del blog - loro danno uno spaccato molto reale della situazione. Leggi insensate quali Bossi-Fini e Fini-Giovanardi andrebbero abolite, questo sì sarebbe uno "svuota-carceri". Il penitenziario è inumano per definizione, ma quello italiano va avanti tra suicidi, violenza, psicofarmaci e insomma crudeltà istituzionale. 
Vorrei che chi non ha la più pallida idea della situazione straziante delle prigioni stesse zitto. Ma proprio l'uso politico del carcere, ad opera soprattutto della Lega, foraggia persone comuni a sparare boiate crudeli sui carcerati. Parlando pretestuosamente di vittime, come se, ad esempio, lo status di clandestino presupponesse chissà quali atti a danno di qualcuno. Un semplice, maledetto reato amministrativo, insensato quanto lo è che i leader politici che stornano per sé soldi pubblici girino a piede libero. Ora campeggiano coi loro faccioni ipocriti dai manifesti elettorali, mentre gli invisibili muoiono interiormente e biologicamente. I mafiosi trattarono con lo stato per non avere il carcere duro, invece gli altri 60.000 e passa ristretti lo vivono quotidianamente, ecco la giustizia all'italiana. Cosa farà in questo senso il nuovo governo? Vedremo la risposta, ma non mi aspetto nulla di buono...

povere zone industriali

Le zone industriali sono esemplari del disinteresse dei politici. Il motivo è semplice: chi ci lavora spesso non ha la residenza nello stesso comune, quindi non vota. Queste aree così politicamente valgono quasi zero. Ma i problemi sono moltiplicati notevolmente rispetto alle parti residenziali, come se si trattasse di mondi paralleli. Invece le criticità delle aree produttive vanno anche a scapito di quelle abitative.
L'immagine tratta da Google Maps considera una parte consistente del territorio di Settimo Milanese, un comune con contatti vicini ai quartieri meneghini di Baggio e Quinto Romano, i cui nomi sono sottolineati in fucsia, a destra della foto, mentre in rosso sono enucleate le zone industriali (via Edison e via Fermi), ad altissima concentrazione di amianto, quasi esclusivamente nei tetti delle imprese. Poche lo hanno eliminato. Ricordo che una fibra di amianto è 1300 volte più piccola di un capello e la semplice inalazione provoca molto probabilmente un cancro al polmone. Non è perciò difficile immaginare un rischio biologico non solo per chi in tali aree si trovi a operare, ma anche per chi  nelle contigue zone abitative ci vive (in verde, villaggio Cavour, Seguro e centro-città).
In blu è contornata la centrale elettrica, altra sacca di nocività. Poi ci sono le fogne troppo strette rispetto agli scarichi (soprattutto nella zona di via Edison), causando la proliferazione estiva di zanzare e allagamenti durante le piogge. La microcriminalità abbonda, cercando di depredare le ditte che già faticano a campare. I lampioni fulminati possono essere riparati anche dopo anni... Insomma un bell'inferno: la raccolta differenziata è volontaristica (ieri ammiravo due belle vasche idromassaggio abbandonate tranquillamente), le strade sembrano bombardate (l'asfalto risale al secolo scorso) e nel week-end vi vengono improvvisati gran premi di moto e auto, sterminando, finora, i gatti randagi...
Giova rammentare che anche il comune di Settimo è amministrato da una giunta di sinistra. Gaudeamus igitur.

Postilla. Ho scritto queste righe di notte, come mio solito, perciò poche ore prima dell'ultimo tragico terremoto. Era naturalmente implicito che il discorso sulla sicurezza riguardasse tutti, lavoratori e residenti. Sono angosciato e sconvolto per i morti che erano al lavoro. Ribadisco la vigliaccheria dei politici di professione. E' ora di finirla col tacitare le cassandre, con le tragedie annunciate, con le risposte inutili e interessate dei mestieranti della prostituzione civile (i politici). Posso solo dire di loro: maledetti!

Ristretti fino alla morte

Simone La Penna, morto di carcere
Simone La Penna aveva un residuo di pena per possesso di stupefacenti e l'anoressia. Per questo è morto che pesava 49 chili. Ora verranno processati i presunti responsabili, ma sembra che la pena di morte non sia abrogata. Tra "suicidi", omissioni sanitarie e quant'altro le carceri distruggono migliaia di persone, che muoiono dentro e spesso anche fuori. Ma fuori di sé, non fuori da un'istituzione che non funziona e che così com'è serve solo a creare recidiva, malattie infettive e psichiatriche. Sì, perché i detenuti per non impazzire, per dormire, vengono bombardati di psicofarmaci. E' quello pressoché l'unico vero presidio medico presente in carcere.
Avevo scritto due anni fa delle gabbie per uomini: allora sembrava improponibile parlare di amnistia, oggi persino il governo vi accenna. Il Severino dice che lo svuota-carceri non è una resa: certo che non lo è, se andrà a tagliare soltanto del 5% la popolazione ristretta.
Le notizie che arrivano quotidianamente dal mondo degli invisibili mostrano che serve ben altro. Bossi, autore di leggi criminogene, Grillo e Di Pietro, dovrebbero piantarla di frignare che si premiano i rei. Questo già avviene e penso sia pure la sensazione finale del ventennale odierno di Mani Pulite: delinquere conviene ma a grandi livelli, a marcire in cella finiscono i più sprovveduti.
Dieci anni fa Junker, figlio della Milano-bene, uccideva la morosa. Poi usciva di casa, nudo, urlando di essere Bin Laden. Complimenti all'avvocato, quel fatto per me è il paradigma di come sia facile l'impunità per chi ha denari, e tanti.
Spero vivamente che il governo approvi l'amnistia, ma ne dubito. Le riforme strutturali che occorerrebbero, per risolvere il problema sia del carcere (misure alternative in primis) che della grande criminalità sono ben distanti. Ma intanto, non si può continuare a condannare più di 65.000 persone a vivere quasi tutto il giorno in due metri quadri. I morti in cella solo per suicidio nell'ultimo decennio sono stati 1.023: per il 63% erano detenuti in attesa di giudizio...