Altro che housing!

Ancora una volta, viene chiesto al blog un aiuto, a sfogare il malessere di essere operatori sociali nell'area dei senza dimora.

Il Piano Freddo a Milano è partito da qualche settimana. Sempre più tardi, complice il clima, certo, ma per le casse comunali significa un risparmio. Il nuovo assessorucolo, Rabaiotti, oltre a non aver risolto il problema degli alloggi popolari (il 6% resta non assegnato) ora porta tante belle parole (e pochi fatti) ai servizi sociali. Senza dimora è un eufemismo per "senza casa". Ma sparare a zero su Rabaiotti e sul sindaco è superfluo: basta leggere, nel comunicato sul piano freddo (che doveva sparire a vantaggio di politiche sistematiche, ma amen) che le strutture verranno aperte gradualmente a seconda delle esigenze fino a raggiungere la capienza totale di circa 2.700 posti letto. Aperte quando, a marzo? I senza dimora a Milano si stimano siano 5000. Molti in dormitorio, spesso dei veri gironi infernali, non ci vanno, o ne scappano via, o ne vengono espulsi. Si parla di Housing, ma tempi e capienze sono lenti. Non si investe nel sociale, perché tanto, molti sfd non possono o non vogliono votare, mentre ai cittadini si getta polvere negli occhi, come col triste sistema delle segnalazioni di persone per strada, fatte male, spesso inutili (perché l'individuo si sposta) o nella speranza che arrivino spazzini dell'umanità a cancellare il degrado sotto casa.

Negli Stati Uniti, Community Solutions, un'organizzazione No Profit, ha avviato da anni ben più di un progetto: una rete, un metodo dal nome "Built To Zero". Lo zero significa il numero delle persone che resterebbero per strada. Su 85 comunità (città e contee) aderenti, undici lo hanno raggiunto.
Il metodo è semplicemente complesso: un team di esperti coordina una platea di soggetti disparati, enti pubblici, di housing (che, attenzione, da loro non sono organizzazioni caritatevoli ma vere società immobiliari) e associazioni di volontariato. Edifici vecchi vengono ristrutturati ed altri costruiti ex novo, per dare casa (bella, non una stamberga!) a chi rischia di non averla. Perché si fa prevenzione: i dati servono a inquadrare le aree a rischio di emarginazione, dove il mercato rende gli alloggi troppo costosi. Infatti gli appartamenti non vengono meramente donati, ma affittati, se non venduti, a prezzi abbordabili, inferiori a quelli di mercato, che è poi il principale produttore di homeless. Ci sono veri e propri investitori, pubblici e privati. Per le amministrazioni statali ciò significa un risparmio sui costi creati da chi vive in strada: sanitari, di sicurezza (la microcriminalità richiede polizia e carcere), degrado, in vista di un ecosistema umano che virtuosamente ne beneficia perfino nell'industria del tempo libero e del turismo. Per i privati, è previsto un vero ritorno economico. I progetti poi non sono solo nella dimensione domiciliare, ma toccano tante sfere, la sanità, la cura dell'infanzia, il recupero di aree dismesse, la creazione di occupazione (perché chi lavora poi può pagarsi casa e ben altro), la produzione di cibo e tanto altro ancora.
I dati vengono condivisi in tempo reale, in modo da verificare il successo degli sforzi effettuati e delle idee innovative: se funzionano, si continuano. Le comunità hanno così un sapere prezioso e la verifica di riuscita non si fa sul numero di persone che accedono ad una casa, ma su quelle che rimangono in strada(!). Infatti Community Solutions punta sul tempo, perché la velocità salva, altro che le lungaggini nostrane.
Sarebbe lungo spiegare "Built to Zero", che è quanto mai dinamico, ma c'è il link sopra. Resta sconsolante che da noi tutto questo suoni come fantascienza, ma se manca la volontà, qui, è perché i numeri sono dimostrativi, solo tanto per - ottenere voti, per i politici e donazioni, per le onlus di cui trovi tanti banner carini qua e là, soprattutto durante la stagione del famigerato "5 per mille".😱

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