tour de souffrance

Il Tour de France di quest'anno verrà ricordato per la sofferenza che lo pervade. Forse lo spirito comunardo dei francesi fa sì che le loro istituzioni siano gestite con.. insofferenza, fatto sta che l'organizzazione del tour lascia a desiderare: spesso mancano transenne e servizio d'ordine, i tifosi (o presunti tali) si sbizzarriscono a tirare pugni, petardi ai corridori fino a farli cadere, come accaduto al povero Nibali, la regia televisiva suona dei glissando quando si vedono quelle scene e di giallo sicuramente questo c'è, la mancanza di immagini sugli episodi più spiacevoli. Certo, l'arroganza di certi team manager, come quello della squadra Sky alimentano il malumore ma chi miete soldi dalle corse dovrebbe forse avere la decenza di non gettare benzina sul fuoco.
Il climax di sofferenza istituzionale lo si è raggiunto nella tappa odierna dove un gruppo di agricoltori protestava perché la Ue, derubricando la loro da zona disagiata negherebbe sovvenzioni. Chi dice che le corse non si dovrebbero fermare, chi invece che siano ottime ribalte, ad ogni modo la polizia ha infierito sui manifestanti abusando di lacrimogeni e spray al peperoncino, bloccando alla fine la corsa in modo peggiore e tempestando gli stessi ciclisti di veleno, tanto che ancora dopo la tappa i corridori soffrivano, con vistosi occhi rossi. Non so, ma forse nella scelta di reprimere troppo duramente gli agricoltori si riverbera la diceria per cui Macron e il suo pugno di ferro siano alquanto psicopatici.
L'organizzazione del Tour domani prevede una partenza con delle improbabili griglie, tipo Gran Premio di Motociclismo. La scusa è sicuritaria, l'effetto certamente folkloristico ma la scelta di far percorrere certi tratti in salita e non in discesa, per evitare lutti come fu per il compianto Casartelli è stata disattesa, chissà, sempre per la spettacolarizzazione, ma oggi proprio a poche curve da quella in cui morì Fabio un corridore, Gilbert, ha compiuto un volo spaventoso che per fortuna non ha avuto conseguenze. D'altronde, dopo la morte di Casartelli ci vollero molti anni prima che il casco divenisse obbligatorio, per altro dopo l'ennesimo sangue versato, dal defunto ciclista kazako Kivilëv.
Un tour de souffrance insomma, come se non ne avessimo già abbastanza dalle nostre esistenze e quella che poteva essere una piacevole distrazione diventa un altro incubo. Tutto questo, nella cara(?), vecchissima Europa.

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