ora che finisce

In piena emergenza mi angosciavo quando dovevo andare in giro per il mio lavoro. La città vuota, i negozi chiusi, la disperazione venuta a galla - perché sembravano essere rimasti solo i senza dimora per strada.
Così mi ero ripromesso di aspettare la confusione e di apprezzarla. E lo sto facendo. Non so quanto durerà, ma anche se la tizia nella macchina davanti andava pianissimo e perdeva i semafori, a differenza di quelli dietro non le ho suonato, non le ho neanche "fatto i fari".
Non sto usando il clacson. Non mi gonfio il fegato per il traffico. Non mi inviperisco per chi mi taglia la strada.
Ogni saracinesca finalmente alzata mi fa sorridere. E mi sembra che le persone si ipnotizzino meno sui telefonini. Ci guardiamo in giro, in viso, anzi, negli occhi viste le mascherine d'ordinanza, come se cercassimo un brandello di senso di umanità, quasi che stessimo tutti uscendo da un incubo collettivo.
All'orizzonte ci sono nuvole scure, agitate dagli spettri di chi ha voluto tutti gli ecomostri, il bosco(?) orizzontale, i palazzoni storti, enormi, inutili. Ma sono le ultime. Abbiamo imparato tutti qualcosa, il valore di essere liberi, di uscire di casa anche solo per bere un caffè o salutare degli alberi.
Mi sarebbe piaciuto fare una parodia del sindaco che si "incazza" per gli assembramenti. Ma sono pigro, anche se mi viene l'orticaria quando vedo il Sala voler fare quello che ci vuole bene, che lavora(?) per noi.
Buonasera Milano, bentrovata e bentornata al nostro solito casino: chi l'avrebbe mai detto che mi sarebbe mancato?

"E quando sarà finito questo periodo, torneremo a suonare i clacson più di prima!"
Il Nano del Milanese Imbruttito

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