assistenti sociali ordinati

 In questi giorni si stanno svolgendo le elezioni di consiglieri, presidenti e revisori contabili dei diversi ordini regionali degli assistenti sociali. Chi scrive appartiene a uno di essi ma non voterà. Perché?
Perché non riesco più a credere nella delega.
Non voto perché l'ordine "professionale", covid a parte, sembra essere così lontano, salvo farsi vivo per richiedere il pagamento della tassa annuale e, per chi è più "fortunato" (partite iva e dipendenti pubblici), dell'assicurazione per la responsabilità civile in servizio.
Non voto perché la formazione obbligatoria per gli assistenti sociali si è arenata, offrendo corsi, sebbene gratuiti, raramente interessanti, con formatori spesso improvvisati, per non parlare dei corsi a distanza, con apparecchiature usate, anzi, abusate, rendendo certe lezioni da convenzione di Ginevra.
Non voto perché gli ordini professionali sono un'invenzione fascista.
Non voto perché la nostra categoria, già bistrattata, con un'immagine diffusa pessima, e vizi come demansionamento e bassa remunerazione, non ha nessuna advocacy presso le istituzioni, che ne ignorano bellamente qualsivoglia appello, tanto da ritrovarsi tra le professioni ancora obbligate all'esame di stato - una formalità che sovente ha il sapore di scremare solo per l'alto tasso di disoccupazione e precariato dei giovani colleghi. D'altro canto, proprio l'advocacy è stata sacrificata nell'ultima revisione del codice etico della professione.
Non voto perché la nostra è una professione con steccati sanciti a livello istituzionale e allegramente ripresi da chi tra gli assistenti sociali, possedendo un inquadramento stabile, quali quelli presso ministeri, sanità ed enti locali, consideri tutti gli altri, sfruttati nel terzo settore, come dei veri paria.
Insomma non voto perché se potessi lascerei il sociale ieri, con l'impoverimento strisciante che esploderà come una bomba alla scadenza degli ammortizzatori sociali usati durante l'emergenza Covid e alle colpe del comune di Milano, della Regione Lombardia e dello Stato italiano si somma un'invisibilità della nostra professione  - alla faccia di telefilm riabilitanti(?) come l'eroica Mina Settembre.
Io non voto per il mio ordine professionale. Ma non ne gioisco, come penso non lo faranno tutte le colleghe e i colleghi che eviteranno di mostrare uno straccio di fiducia verso degli organismi previsti per legge, di cui sinceramente non si sente proprio il bisogno.

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