Mentre si consuma la pagliacciata lisergica dell'elezione del nuovo Presidente, che non sarà mai degno di Mattarella, si sta celebrando il processo per l'omicidio di Serena Mollicone, ritrovata cadavere nei dintorni della sua Arce, in provincia di Frosinone, il 3 giugno 2001.
Serena era una ragazza vitale, nonostante la perdita della madre da bambina. Maturanda, suonava nella banda del paese, amante degli animali tanto da voler fare la veterinaria. Oppure la giornalista. Proprio questa vocazione a informare la porta a voler denunciare lo spaccio di eroina nel suo paese. 6000 anime, relazioni faccia a faccia. Disoccupazione, e i ragazzi che finiscono facilmente a drogarsi. Ma nei dintorni di Arce risiede un boss della camorra scissionista, Marino. Uno che in paese si vuole inserire, tanto da presentarsi poi, coperto di chili di gioielli d'oro, per deporre una rosa rossa sulla bara bianca di Serena. Nella villa del boss si organizzano feste lussuose, con carriole di pesce spada e ostriche, come dice il papà della ragazza, Guglielmo, purtroppo scomparso nel 2020. Party quelli a cui partecipano il parroco, il sindaco, i Carabinieri, compreso Mottola e figlio.
Un omicidio misterioso, forse solo perché, a quanto pare, Serena, amareggiata dalla lenta morte di amici e conoscenti, vuole denunciare lo spaccio, il cui capo potrebbe essere Marco Mottola, il figlio del Maresciallo dei Carabinieri del paese. La ragazza si presenta in caserma il 1° giugno. La vede il brigadiere Tuzi, anche se le telecamere di sicurezza quel giorno non funzionano, né si ritrovano i registri degli ingressi di visitatori e il militare impiegherà sette anni ad ammettere di aver visto la ragazza, ritrattando e poi tornando alla prima versione, solo dopo essere stato intercettato. Per questo in seguito verrà suicidato, con una scusa passionale, ritrovato con tutte le portiere dell'auto aperte, la pistola ben riposta sul sedile a fianco, con un proiettile mancante, una sola impronta, del pollice, sul grilletto.
La riesumazione della vittima porta alla luce nuove prove, insieme a una scoperta agghiacciante: ano e organi genitali sono stati asportati dal cadavere.
Una vicenda torbida, dove c'era stato anche un mostro sbattuto in prima pagina, un carrozziere la cui colpa era solo di aver testimoniato di aver visto la ragazza prima della scomparsa. Lì si materializza, per "difenderlo", un personaggio oscuro, il criminologo Lavorino, che ha solcato molti casi tenebrosi e controversi, dal mostro di Firenze ai delitti di via Poma e Cogne. Costui si è dedicato per anni all'omicidio di Serena Mollicone e difende la famiglia Mottola, quali il Carabiniere, la moglie e il figlio. Imputati sono anche altri due militari all'epoca in servizio. Lavorino sembra molto interessato al delitto. Qualcuno, come fosse dalla sua parte, ha persino tentato di confutare la pagina Wikipedia dedicata alle prove, ormai inoppugnabili. Infatti, sia la professoressa Cattaneo del Laboratorio di Anatomia Forense che i Ris hanno dimostrato che l'omicidio avvenne in caserma ad Arce.
Verità e giustizia impiegano decenni ad apparire, anche se questo non farà tornare indietro, ma forse darà pace a una ragazza, uccisa a 18 anni per il suo coraggio, e a chi le ha voluto bene.
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