La famiglia degli opliti

 Giulia Cecchettin si sentiva un oplita, e il papà Gino lo ha ricordato ieri durante l'ultimo saluto all'amorevole figlia. Tutta la cerimonia è stata straziante, ma anche emblematica proprio per il comportamento dei congiunti della vittima. Oltre al dolore, alle volte in cui Elena scuoteva la testa come a dire "No, non è vero" e il fratello le era come uno specchio, il padre ha saputo essere un guerriero, pacifico, ma risoluto. 
“Il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne, vittime proprio di coloro avrebbero dovuto amarle e invece sono state vessate, costrette a lunghi periodi di abusi, fino a perdere completamente la loro libertà, prima di perdere anche la vita. Come può accadere tutto questo? Come è potuto accadere a Giulia? Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione”.
Ieri anche i terminal e gli operatori dei porti di Venezia e di Chioggia si sono fermati,  alle 11, per ricordare Giulia Cecchettin. Dopo aver osservato il silenzio, i mezzi operativi all'interno dei terminal hanno suonato le sirene delle imbarcazioni per un minuto. Lezioni sospese anche all'Università di Padova.
“Ora ti vedo in mezzo alle stelle, sei il mio angelo” ha detto la sorella Elena nella cerimonia privata celebrata a Saonara, dove Giulia faceva volontariato.
Papà Gino alla fine delle esequie pubbliche ha reso un inchino alla folla che applaudiva e agitava le chiavi, per fare rumore. Poi ha sorriso, liberato, perché migliaia di persone hanno dimostrato la loro vicinanza, la loro solidarietà, abbiamo conosciuto tutti Giulia, una ragazza eccezionale ma simile a tante, non fosse che per il rischio di divenire a loro volta prede di "ragazzi apparentemente normali", come diceva Gino nel bellissimo discorso d'addio.

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