Il mostro

Molti, troppi, si sono avvicendati a cercare di chiarire chi fosse in realtà il Mostro di Firenze. Un po' troppo eccitante pensare a un serial killer, figura che, per fortuna, da noi non è così presente come altrove. Ma certo è legittimo chiedersi chi abbia ucciso almeno 14 persone, o forse anche di più. Probabilmente, ne avrebbe ammazzate anche altre, se le potenziali vittime non fossero scappate o lui non fosse stato disturbato da auto di passaggio e altri eventi.
La scia di sangue che percorre il periodo di attività del mostro e successivamente, vede ancora più cadaveri: sospettati, testimoni, prostitute, guardoni...Non tutti riconducibili alla pista del killer, certo.
Quel che è sicuro è... L'incertezza, come sempre, maledettamente, sui misteri italiani. 
Il mostro è rimasto pressoché senza volto. E gli elementi in gioco sono troppi, arrivando a scomodare piste sarde e gli immancabili servizi segreti.
Un primo fatto abbastanza condiviso è che i cosiddetti compagni di Merende non potevano essere gli assassini. Se mai, anzi, sono serviti a confondere tutto, accusandosi, e insomma con l'essere inattendibili persino come testimoni. Perversi, esperti del luogo, sì, ma la personalità del killer è diversa. La psicologa Emanuela Gamba ha steso una precisa profilazione del mostro. Personalità multipla, con disturbo narcisistico, che si sente sempre più onnipotente ad ogni omicidio. Affetto da necromania e misoginia. Solitario.
Una delle ipotesi che fu messa sul tavolo era quella del "Rosso del Mugello". Una persona che fu indagata, ma poi prosciolta, e di cui non è mai stato rivelato il nome. E che col tempo sembra diventare sempre più consistente.
Il "Rosso" viene visto da diversi testimoni intorno alla penultima coppia uccisa. La persona possiede una villa, a poca distanza dalla cassetta postale di San Piero a Sieve, dove fu imbucata la busta per il magistrato Silvia Della Monica, contenente un lembo di seno della vittima francese, l'ultima coppia uccisa, e dove poi furono trovati dei proiettili calibro 22, come quelli usati dal killer. Questo "Rosso" in passato aveva anche subito denunce per reati di violenza sessuale.
Mai iscritto tra i sospettati. Pare, avesse persino lavorato in Procura. Il che appare un po' strano: un sex-offender che opera nella Giustizia? Questo però spiegherebbe la sua capacità di non farsi beccare, più che veri depistaggi. Inoltre, sarebbe stato in carcere quando il mostro non uccise ovvero i periodi tra' il 68-'74 e '74-'81.
C'è un nome. E anche una foto. Anzi, due. Stefano Paoli. Ritratto sul luogo dell'ultimo delitto. Vissuto a Scandicci, e sepolto miseramente a Firenze, sotto una lapide senza foto, neanche incisa, ma scritta a pennarello. Alto, rossiccio di capelli, stempiato. Ora ci vorrebbe un Lucarelli a dire "Ma no, non è vero niente". Solo riaprire le indagini, usare nuovi strumenti, come il DNA, potrebbe far sapere. Ma sarebbe da comprendere anche, e soprattutto, come mai siano rimasti impuniti quasi trent'anni di delitti.

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